
Più di un secolo di vita per opere che hanno portato il progresso in loco. Simbolo di un paese che per primo in Provincia ebbe la luce elettrica pubblica e privata. Intanto nella centrale di Arlia sono da poco terminati dei lavori da parte dell’ENEL per permettere l’illuminazione notturna della struttura.

Arlia – una trentina gli abitanti; ben altri 35 borghi, però, ne hanno di meno – è una piccola e isolata frazione del Comune di Fivizzano. Si trova a 4 chilometri dal capoluogo, ad una altitudine di 494 metri e merita di essere raggiunta per più ragioni. Nelle sue vicinanze, infatti, si può visitare un caratteristico mulino ad acqua, con 3 macine in pietra, del XIX secolo. Funzionante fino al 1968, è stato ristrutturato alcuni anni fa dalla Comunità Montana e ora ospita una mostra fotografica permanente sui mulini della Lunigiana. Il 15 ottobre prossimo vi si svolgerà la sagra della castagna. Sempre nei pressi del paese, poi, sorge un gioiellino di architettura: l’edificio della centrale idroelettrica, (nella foto) tutto rivestito in sasso e inserito in un contesto paesaggistico di straordinaria bellezza. Si può entrare nella sala macchine attraverso un grande portone in legno, sopra cui c’è la scritta ENEL, ed ammirare, tra le altre cose, le ringhiere e i lampadari in ferro battuto. Non ci sono più, purtroppo, gli affreschi.

Se, poi, il visitatore si trattiene fino a sera, fino all’ora in cui viene accesa l’illuminazione pubblica, proverà lo stupore di vedere tutta la struttura, “già bella per conto suo, brillare di luce nuova a led, essendo entrato in funzione, alcuni giorni fa, il nuovo impianto di illuminazione artistica, che la fa splendere”. È questa la notizia che ENEL e l’Amministrazione comunale hanno diffuso nei giorni scorsi, essendo tutta l’opera frutto di una loro intesa, poi tradotta in progetto e realizzata dalla squadra di manutentori dell’Unità esercizi Enel Green Power di Piano della Rocca, di cui è responsabile Matteo Bossi. Davvero uno spettacolo da non perdere, offerto da un impianto che ha più di 100 anni di vita – è stato progettato da Piero Portaluppi nel 1913 e costruito dalla Compagnia Imprese Elettriche Liguri – e che è di grande utilità, come le altre più di 2.000 centrali elettriche distribuite sul territorio italiano – 1.613 nel Nord, 87 in Toscana – che forniscono 1/6 dell’intera produzione elettrica nazionale, senza alcun tipo di emissioni inquinanti. La centrale ad acqua fluente di Arlia utilizza le risorse idriche del torrente Rosaro, che si riversano, scorrendo in un canale di quattro chilometri, in una vasca di carico, che ne contiene 13.500 metri cubi, per compiere, poi, un salto di 205 metri per mezzo di condotte di oltre 1 metro di diametro, fino alla turbina Francis, che produce corrente con tensione 3,6 V. Al termine del ciclo di impiego, automatizzato e autocontrollato a distanza, le acque vengono restituite al Rosaro e la corrente immessa nella MT locale.

Ma la centrale di Arlia non è stata, per Fivizzano, il primo caso di sfruttamento delle acque per la produzione di energia. Grazie, infatti, all’invenzione della dinamo e della lampada ad incandescenza di Tommaso Edison ed alla lungimiranza di alcuni imprenditori locali, la comunità fivizzanese fu la prima della provincia di Massa Carrara e della Spezia “ad avere la pubblica e privata illuminazione elettrica”. In uno scritto del prof. Pietro Tedeschi si legge che il progetto di sostituire i lampioni a petrolio con lampade elettriche fu discusso ed approvato il 14 dicembre 1893. Il piccolo impianto fu inaugurato nel marzo del 1895. Per il funzionamento della dinamo da alcuni fu proposto “un impianto ad acqua fluente al ponte di Posara”, mentre altri intendevano utilizzare “la cascata della Ferriera Arnavas, incrementata dal canale della Concia”. Nella Valle del Lucido, invece, la luce elettrica arrivò nel 1925, come scrive il prof. Giorgio Pellegrinetti, “anche se una centrale elettrica esisteva già dalla fine del XIX secolo, costruita dalla Walton, proprietaria delle cave del monte Sagro e di Equi e di una grande segheria a Monzone”. Ancora oggi, ad esprimere la meraviglia che l’accensione istantanea della lampada, ruotando un piccolo marchingegno, suscitava, viene ricordata la proverbiale “regola”: “s’zir la marleta, s’azend la boccetta”.
Andreino Fabiani