Continua il momento grigio per l’apicoltura lunigianese. Quasi azzerata la produzione di miele di acacia, mentre solo in alcune zone è stato possibile raccogliere quello di castagno. Alla base della crisi i cambiamenti climatici che si sono venuti ad affiancare ai danni inferti da sempre nuovi parassiti.
Dice un antico proverbio che spesso per credere a qualcosa bisogna anche provarla. Ebbene, restando nel personale, anche se ben poco deontologico professionalmente, mai avremmo creduto, dopo un’esperienza ormai cinquantennale, di vedere l’apicoltura lunigianese quasi ridotta al lumicino. Eppure le prove che sono state superate e che ancora gravano sul settore sono state e sono tante. Dagli anni della peste americana, fino al cinipide che ha quasi affossato i nostri castagneti, passando per la Varroa, è stato tutto un susseguirsi di battaglie, combattute sempre con la convinzione di potere aggirare l’ostacolo e tenere alto il nome di un territorio che ha avuto l’onore di tenere a battesimo le prime D.O.P. nazionali dei Mieli di Acacia e di Castagno, ancora uniche, anche se nel tempo affiancate da DOP di altre tipologie di mieli. Il crescendo degli eventi degli ultimi quattro anni, proprio soprattutto per l’avvento del cinipide e la crisi nella produzione del miele di castagno, sembravano avere segnato un punto di svolta per un settore da sempre in affanno economico, ma in grado di sostenersi proprio per una qualità irripetibile.
Chi aveva sperato che, finalmente, con la ripresa dei castagneti le cose potessero tornare a cambiare, quest’anno ha dovuto ricredersi perché l’inclemenza del tempo e la lunga siccità che ha caratterizzato la maggior parte del 2017 hanno creato una situazione mai vista in precedenza, almeno a memoria d’uomo, con un calo di produzione che è andato oltre il novanta per cento in molte zone per l’acacia e oltre il 60% per il castagno. Le cause della crisi, la fioritura precoce dell’acacia che ha trovato le api impreparate al grande raccolto e quindi impossibilitate non solo a impostare la produzione, ma addirittura a riempire i vuoti nell’arnie con pesanti riflessi per lo sviluppo e la sopravvivenza stessa delle famiglie. Non sono stati pochi gli apicoltori che, già in primavera, di fronte ad alveari afflitti dalla fame hanno dovuto provvedere a nutrire le famiglie nella speranza almeno di salvarle in attesa che la fioritura del castagno rimediasse al disastro. Invece, tutto è andato storto perché la siccità e l’eccessivo calore, soprattutto nella Lunigiana centrale e meridionale e nelle zone collinari della fascia nord hanno impedito ai fiori del castagno di giungere a maturazione, aggravando ulteriormente la già precaria situazione. La poca produzione è stata possibile per la maturazione tardiva dei castagneti d’altura per cui gli apicoltori che avevano gli apiari in zona sono riusciti a fare un discreto raccolto, comunque dimezzato rispetto al passato. Altrove, ai limiti del disastro, perché in parecchi casi, fin da agosto è stato necessario ripartire con la nutrizione degli alveari, ad evitare un danno irreparabile.
Dire, quindi che il settore è praticamente in ginocchio è quasi un eufemismo e già gira voce che con tutta probabilità quest’anno non potremo disporre di Miele a Denominazione di Origine Protetta in quanto il poco miele prodotto non corrisponde alle caratteristiche previste dai disciplinari europei, anche se la qualità resta molto elevata. Il rischio riguarda soprattutto l’acacia, ma le cose non sembrano favorevoli neppure per il castagno, anche se occorrerà attendere il giudizio degli enti di verifica per la sentenza finale. Se si aggiunge poi che anche la produzione di millefiori è praticamente nulla, anzi fa riferimento in molte zone alla sovrapposizione dell’alianto all’acacia, con riscontri di qualità chiaramente inferiori alle attese, c’è da augurarsi di potere superare l’inverno in qualche maniera e sperare nel futuro, senza tener conto delle inevitabili perdite di mercato, nella consapevolezza che le cose non possono continuare così. Il tutto senza tener conto di quanto continua ad incombere sull’apicoltura, al di là degli effetti del riscaldamento del pianeta e delle mutazioni climatiche perché, per quanto non ufficiale, incombe la presenza della Mosca vellutina, un nuovo micidiale flagello che già sta devastando la Liguria occidentale e sembra sia stato segnalato anche nel nostro territorio. Perentorio, però, non demordere perché se è vero come è vero che il miele resta una delle facce migliori della Lunigiana è dovere di ognuno concorrere alla salvaguardia della nostra apicoltura al di là dei prevedibili sacrifici, nella certezza che, come in passato, la passione possa battere tutte le possibili sventure. Luciano Bertocchi