I dati di uno studio internazionale sull’accesso alle cure mediche evidenziano le differenze tra Nord e Sud del pianeta
Un recente studio internazionale ha cercato di valutare l’accesso alle cure della sanità e la qualità dell’assistenza in 195 Paesi, tra il 1990 e il 2015. I dati hanno evidenziato molte disuguaglianze ed uno scontato divario tra nord e sud del mondo, con sorprese anche tra i Paesi sviluppati. L’Italia, insieme a Lussemburgo e Giappone, occupa la decima posizione nella classifica mondiale. L’amara constatazione che emerge è che, nel mondo, tante persone continuano a morire per malattie che di per sé non sarebbero fatali.
I ricercatori si sono basati sulle stime elaborate da un progetto scientifico internazionale che è in grado di quantificare in modo sistematico la perdita di salute, facendo riferimento a circa 300 indicatori relativi a un insieme di patologie curabili; per ciascuna di esse è stato registrato il tasso di morte rilevato in ciascuna nazione considerata.
Ciò che rende lo studio importante è il fatto che il quadro tracciato si riferisce ad un ampio numero di Paesi, mentre fino ad oggi il riferimento era solo alle nazioni più ricche. In cima alla classifica figurano Andorra (95/100), Islanda (94), Svizzera (92), Svezia (90), Norvegia (90), Australia (90), Finlandia (90) Spagna (90), Paesi Bassi (90). Come accennato, l’Italia è al decimo posto (89/100), mentre in fondo alla classifica troviamo Somalia (34), Afghanistan (32) e Repubblica Centroafricana (29).
Un dato scontato è che i Paesi ricchi garantiscono un accesso alle cure generalmente migliore che i Paesi poveri, ma non mancano sorprese degne di nota: il punteggio complessivo assegnato agli Stati Uniti (81/100) è lo stesso di Estonia e Montenegro. Un risultato imbarazzante, considerando che in quella nazione si spendono 9.000 dollari all’anno pro-capite per le cure sanitarie, più che in qualunque altro paese del mondo. All’interno di questa situazione, rimanendo agli Usa, mentre si registra il punteggio massimo (100) in riferimento alle principali patologie evitabili con le vaccinazioni (difterite, tetano e morbillo), si rilevano punteggi decisamente bassi per le infezioni polmonari (60), l’ischemia cardiaca (62) o le complicazioni cardiache dovute all’ipertensione (62).
Dal confronto tra i risultati del 2015 e quelli del 1995 si nota un sostanziale miglioramento per quasi tutti i Paesi osservati, con Turchia, Corea del Sud, Perù, Cina e Maldive che registrano i progressi più importanti; ma negli stessi 25 anni, si è ulteriormente allargata la forbice del divario tra i primi e gli ultimi della classifica.
M.C. – Agensir