Senza autorizzazioni della Regione la ditta non può operare. Al centro dell’attenzione le acque che percorrono i piazzali della ditta che intanto accusa di abuso d’ufficio il Comune

Un nuovo capitolo, l’ennesimo, si va ad aggiungere alla saga senza fine della ditta di stoccaggio dei rifiuti Costa Mauro di Albiano. Dopo il via libera alla ripresa delle attività rilasciato a marzo dalla Provincia di Massa Carrara, il Comune di Aulla, con una delibera del 21 aprile scorso del dirigente all’urbanistica Franco Testa, ha disposto il blocco dell’attività lavorativa fino a quando la Regione Toscana non avrà emesso apposita autorizzazione allo scarico in pubblica fognatura. Il tema delle acque di dilavamento dei piazzali della Costa Mauro era stato il tema caldo delle conferenze dei servizi nelle quali si sarebbe dovuto decidere sulla ripresa dell’attività del sito. Al centro dell’attenzione il fatto che le acque meteoriche che percorrono i piazzali della ditta in cui sono stoccate le balle di rifiuti scolano in un canale che, confluendo nel Magra, lambisce il campo pozzi che alimenta gli acquedotti di Albiano e Caprigliola. Alla decisione della Provincia di autorizzare la ripresa dell’attività, a metà marzo aveva fatto da contraltare l’annuncio dell’avvocato ambientalista Marco Grondacci, che assiste legalmente il comitato Uniti per Albiano, di ricorrere al Tar contro l’Ente di Piazza Aranci, a suo parere incompetente nel dare autorizzazioni ambientali spettanti alla Regione. Una tesi, quella di Grondacci, evidentemente ritenuta fondata anche dal dirigente all’urbanistica del Comune di Aulla, che ha firmato in prima persona l’ordinanza, trasmettendola al commissario prefettizio Castellani (in teoria la persona che avrebbe dovuto assumere la decisione quale massima autorità amministrativa del Comune) e addirittura alla Procura della Repubblica di Massa. Aspetto, quest’ultimo, indicativo del clima oramai incandescente che si è venuto a creare attorno alla vicenda Costa: l’avvocato Grondacci aveva, infatti, preannunciato anche un esposto in Procura che aveva nel mirino il verbale dell’incontro tenutosi il 3 marzo al Ministero dello sviluppo economico. È chiaro che l’ipotesi che la decennale vicenda albianese passi dai tribunali amministrativi al codice penale induce a cautele supplementari chi ha responsabilità amministrative. Dal canto proprio, anche la società, per bocca della figlia del patron Mauro, Silvia Costa, ha dichiarato ad un quotidiano locale che l’ordinanza comunale potrebbe configurare l’ipotesi di abuso d’ufficio, dal momento che la Provincia si è già espressa a suo tempo, dando il nulla osta alla ripresa dell’attività dell’azienda poiché parevano essere stati superati i paletti che erano stati posti da Gaia, la società che gestisce il campo pozzi albianese. La tensione resta dunque altissima, anche se in questo frangente confinata tra le carte bollate. Un esito del resto ampiamente previsto, dati i silenzi e le indecisioni della politica locale e regionale. Le dichiarazioni di principio che non fanno i conti con la realtà – quelle da campagna elettorale riferite ad una delocalizzazione in luoghi e tempi indefiniti del sito di stoccaggio – lasciano la situazione immutata. Al pari delle considerazioni politiche, come quelle espresse dal presidente della Provincia Lorenzetti, in visita ad Albiano a febbraio, che auspicava la delocalizzazione poche ore prima che i suoi stessi uffici autorizzassero la riapertura del sito. Il diritto alla salubrità degli albianesi, le sorti delle maestranze della Costa e la destinazione dei rifiuti della Lunigiana – provvisoriamente dirottati sul Cermec – continuano nel frattempo a non trovare risposta. (Davide Tondani)