
Adulti autorevoli che accompagnino i giovani nella crescita
“La famiglia nella società delle vecchie e nuove dipendenze – Quale realtà in Lunigiana?”, è stato il tema del primo dei tre incontri rivolti in particolare ai genitori, ma anche agli educatori, dal Centro giovanile “Mons. Sismondo”, dagli I.C. Tifoni e Ferrari, dal Consultorio famigliare San Lorenzo, dal Comune di Pontremoli e dalla Società della salute Lunigiana. A introdurre i lavori, mercoledì 19 aprile al cinema Manzoni di Pontremoli, è stato don Pietro Pratolongo, che ha sostenuto l’importanza di costituire un’alleanza fra i vari soggetti preposti all’educazione e alla formazione dei giovani e ha sottolineato la necessità di fornire corrette informazioni ai genitori perché si assumano le loro responsabilità di fronte ai potenziali rischi a cui i loro figli sono esposti. Questo per non sottovalutare la diffusa tolleranza esistente nei confronti di stili di vita e di comportamenti che possono determinare nuove dipendenze. Anche l’intervento del sindaco non si è limitato ai soli saluti.


Lucia Baracchini ha puntualizzato l’idea che, fra i tanti modi di apprendere nei ragazzi di oggi, quello più ricorrente è l’emulazione del modello che la famiglia ha impresso: sono dunque i genitori che devono assumersi la responsabilità di riequilibrare la relativizzazione delle regole, senza delegare la scuola e le altre istituzioni ad un ruolo sostitutivo. Alla domanda: qual è la realtà delle famiglie in Lunigiana?, hanno dato risposte esaurienti Rosanna Vallelonga, direttrice della Società della salute e Maurizio Varese, responsabile del Dipartimento Area Dipendenze dell’USL Toscana. Il punto di vista dell’osservatorio della Società della Salute ha confermato la volontà favorire una rete di alleanze tra Istituzioni e volontariato per mettere in campo risorse e competenze capaci di affiancare le famiglie nella prevenzione dei conflitti generazionali e nel contrasto a forme degenerative. La realtà della famiglia in Lunigiana è solo apparentemente lontana da quella nazionale con una popolazione costituita da anziani e con un calo delle nascite più alto rispetto ad altri territori della Regione. I mutamenti della famiglia, sempre più allargata, intesa al plurale, l’aumentato numero delle unioni civili e delle separazioni, dei matrimoni misti e la necessità di entrambi i genitori di lavorare , determinano fattori che portano a dedicare meno tempo ai figli. A soffrire è anche il rendimento scolastico con risultati spesso deludenti che creano frustrazioni e depressione. La figura parentale di riferimento è prevalentemente la madre, che di fatto, sente su di sé il compito di supplire all’assenza del coniuge, spesso estraneo all’educazione dei figli. Varese ha suggerito di mantenere ben distinto il ruolo del genitore da quello del compagno di giochi e anche di evitare la difesa ad oltranza dei comportamenti dei figli. Al contrario, delle regole gli adolescenti hanno un immenso bisogno: occorre delimitare i confini, circoscrivere i limiti oltre i quali non è lecito andare, compreso l’uso disinvolto dei social e della rete. È altrettanto vero che i giovani di oggi – ma è stato così sempre – hanno dei bisogni da esprimere; occorre, però, insegnare che c’è un tempo da rispettare: non tutto e subito. Gli adulti per primi devono essere coerenti: non esercitare l’autorità fine a se stessa, ma essere autorevoli, di esempio. Stile di vita quest’ultimo non facile, specialmente oggi quando quello che conta sembra essere il gradimento anche per genitori, educatori, insegnanti. Nel momento in cui i ragazzi sentono la necessità di “rompere” con il proprio nucleo familiare, tuttavia, gli adulti devono accompagnarli nelle loro scelte con la disponibilità al confronto. Il dibattito che è scaturito dalle relazioni è stato molto vivace e costruttivo, con l’impegno di tutti a ritrovarsi l’8 e il 19 maggio per discutere di un “intruso” che da qualche anno è entrato nelle nostre case: lo smartphone. Il fatto che i nostri ragazzi quindicenni trascorrano in media 160 minuti al giorno collegati ad internet e che il 23% di essi dichiari di usare internet per oltre 6 ore al giorno, fuori dalla scuola, in un normale giorno della settimana, è un segnale che può indurre a qualche legittima preoccupazione. Pierangelo Coltelli