Inclusione: un assegno contro l’indigenza per 1,5 milioni di famiglie

Anche in Italia nasce il Reddito di Inclusione: si conclude un cammino che porta all’introduzione di una misura universale contro la povertà L’importo massimo erogabile sarà di 485 euro mensili

EMARGINAZIONE E POVERTA'
EMARGINAZIONE E POVERTA’

Con l’approvazione da parte della Camera, avvenuta il mese scorso, della delega al Governo per l’istituzione del Reddito di Inclusione (Rei), si conclude un lungo cammino che porta all’introduzione, anche in Italia, di una misura universale di contrasto alla povertà. Il provvedimento (meglio dettagliato nel box in basso) è frutto anche dell’incessante sollecitazione dell’Alleanza contro la povertà, un cartello di associazioni sociali e del terzo settore (molte quelle cattoliche, tra cui Caritas, Acli, Sant’Egidio, Azione Cattolica, Focolarini) che dal 2013 si batte per l’introduzione di questo programma. Il Reddito di Inclusione figurerà tra le prestazioni di assistenza sociale “essenziali” e quindi dovrà essere garantito da ogni Regione a coloro che rispettano i requisiti di accesso, famiglie straniere comprese.
Assorbirà il Sia, il sostegno per l’inclusione attiva, entrato in vigore a settembre 2016, e anche altre misure destinate al contrasto alla povertà, come la social card o l’assegno per le famiglie con almeno tre minori. Si può facilmente prevedere che la transizione dai vecchi programmi al Rei non sarà breve, ma a regime ciò comporterà il passaggio da una politica di contrasto alla povertà “categoriale” (gli anziani, le famiglie numerose, etc.) ad una “universale”, molto più capace di cogliere la complessità dell’indigenza nella società contemporanea.
Al di fuori della polemica politica contingente, influenzata da un clima già – si potrebbe aggiungere: da tempo – “elettorale”, molti sono gli aspetti positivi da sottolineare. A partire dal metodo: il nuovo programma nasce dal confronto e dall’ascolto della società, mettendo da parte la presunzione che chi governa non debba ascoltare nessuno: così facendo produce provvedimenti migliori. Soprattutto, si è finalmente messo in moto un processo che nel giro di pochi anni potrebbe portare l’Italia ad avere un reddito minimo contro la povertà assoluta, integrato dalla presa in carico dei beneficiari da parte dei servizi sociali territoriali, sulla base di un progetto di reinserimento sociale e occupazionale.
Creare un’adeguata rete di servizi che coordini Centri per l’Impiego, servizi sociali dei comuni, Asl, enti di formazione, può essere problematico soprattutto dove la pubblica amministrazione è poco efficiente, ma potrebbe essere uno sprone per un passo avanti nella qualità dei servizi pubblici resi.
Anche da un punto di vista delle risorse, quanto realizzato non va sottovalutato: secondo le stime di economisti dell’Università di Modena, con i 2 miliardi di euro stanziati si può raggiungere circa il 70% circa dei nuclei in povertà assoluta con almeno un minore, incrementando di quasi il 50% il reddito familiare medio. A meno di un anno dalla fine della legislatura, la futura estensione del Rei, l’introduzione di correttivi laddove saranno necessari e l’aumento delle risorse dipenderà dalla responsabilità della politica.
L’incoraggiante sperimentazione di un programma analogo, il Reddito minimo di inserimento, in 300 comuni, a fine anni ’90, fu accantonata nel 2001 con il cambio di governo e l’ascesa di Berlusconi e Tremonti. Un’eventuale replica di quell’episodio significherebbe negare ancora all’Italia – unico Paese europeo segnato da questa caratteristica negativa – l’istituzione di un reddito universale contro la povertà.

Una breve guida al Reddito di Inclusione

Il Reddito di Inclusione attiva (Rei) è uno strumento di sostegno al reddito legato all’impegno, da parte di chi lo riceve, a seguire un percorso formativo e d’inserimento al lavoro. Viene fornito ai nuclei familiari che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta. Parallelamente vengono forniti, a livello comunale, una serie di strumenti mirati alla reintroduzione sociale e lavorativa. La misura sarà tendenzialmente universale, non riservata a specifiche categorie di cittadini, come molti programmi di assistenza sociale, ma subordinata alla verifica dei mezzi economici: potranno accedervi le famiglie che hanno un reddito al di sotto della soglia di povertà assoluta in base all’Isee (6 mila euro o 3 mila euro se proprietari di un’abitazione). Il reddito dichiarato è soggetto a un controllo ed eventualmente a una modifica tramite il confronto con un reddito presunto. Il beneficio ha durata limitata, ma è rinnovabile se permane la situazione di bisogno. L’importo dell’assegno sarà pari alla differenza tra la soglia di povertà e il reddito disponibile della famiglia certificato dal modello Isee. Sulla base di quanto affermato dal Governo, l’importo massimo erogabile sarà di 485 euro mensili. Secondo i primi studi le famiglie che potranno accedere al Rei dovrebbero essere circa 1,5 milioni, il 45 per cento al Centro Nord e il restante 55 per cento al Sud.

(Davide Tondani)