Eurostat: le donne sono ancora pagate meno

Difficoltà nella nostra provincia: frena la crescita delle imprese rosa

donne_lavoroSolo una donna su tre raggiunge livelli dirigenziali nelle aziende europee; e resta – in quasi tutta l’Europa – il divario salariale, a parità di responsabilità e mansioni, tra uomini e donne. Lo certifica Eurostat con una serie di dati diffusi alla vigilia dell’8 marzo.
È la conferma di forme striscianti o palesi di discriminazione in base al sesso, non solo nella realtà professionale. Il minor numero di donne manager si registra in Italia, Germania, Cipro, Belgio e Austria. Nell’Europa dell’est, invece, le posizioni dirigenziali e i salari mostrano minori differenze, con il caso della Lettonia in cui ai vertici di aziende con oltre 10 dipendenti le donne sono il 53% del totale.
I dati Eurostat mettono l’Italia al terzo posto su 30 Stati, con i principali vicini europei che hanno differenze ben sopra il 10 per cento. La media Ue relativa al Gender Salary Gap è del 16,7% (28 paesi, anno 2014), contro il 6,1% attribuito al nostro Paese. Se le buste paga delle donne italiane sono in media più leggere è anche perché nel nostro Paese esse hanno un peso inferiore nei livelli più alti delle aziende: rappresentano solo il 40% degli occupati in posizioni da dirigenti o quadri, mentre nella composizione degli impiegati le donne sono in maggioranza (57%).
Il miglioramento, pur esistente, è lieve: dal 2004 al 2015, sia come dirigenti che come quadri, le donne sono aumentate in media del 4%. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, la disuguaglianza non diminuisce con l’aumentare del livello di titolo di studio: gli uomini laureati guadagnano mediamente il 35,3% in più delle donne.
Difficoltà nel campo imprenditoriale sono evidenziate, per la nostra provincia, da uno studio della Camera di Commercio di Massa Carrara, secondo il quale “frena la crescita delle imprese rosa ma ci sono 123 piccole medie imprese (pmi) pronte ad iniziare la loro attività. Le imprese femminili registrate alla fine dell’anno sono 5.207, di cui 5.527 attive: il saldo tra imprese aperte e cessate è praticamente pari. La differenza tra nate e cessate è di 2 unità.
Tassi di sviluppo positivo sono segnalati per sanità ed assistenza sociale (+8,5%), costruzioni (+3,3%) e agricoltura (+0,9%), mentre sono in rosso comparti come trasporto e magazzinaggio (-9,4%), commercio (-3,6%) ed il settore dell’estrazione e della lavorazione (-8,3%)”. Massa Carrara si posiziona a metà classifica a livello regionale dietro a Grosseto (28,3%), Livorno (26,2%), Siena e Prato (25,1%) ed Arezzo (24,4%) ma davanti a tutte le altre provincie. Le imprese femminili si muovo più agilmente nel commercio al dettaglio (1.767 unità – 26,7%), ma è l’agricoltura che, con 476 unità (42,1%), fa segnare uno dei maggiori tassi di femminilizzazione: quasi un’impresa su due è condotta da una donna.