Bullismo: un male che non smette di colpire

bullismoAncora una volta, e sono ormai troppe volte, ci troviamo di fronte ad un fatto di bullismo che ha in sé tutte le caratteristiche della barbarie. È balzata alle cronache la squallida notizia che vede al centro un tredicenne napoletano, affetto da un lieve ritardo psichico, seviziato per quattro lunghi anni da una banda di “balordi” i cui componenti, di età compresa fra i 14 e i 17 anni, provengono in parte da contesti degradati. Ma la violenza, gli stili turpi e vessatori non hanno etichette ben definite e sono presenti, purtroppo, anche negli ambienti cosiddetti “bene”.
Ad accorgersi (tardi però) che qualcosa non andava è stata la mamma della vittima a cui il figlio aveva taciuto l’orrore, temendo ulteriori aggressioni. Finalmente la denuncia ai carabinieri di Giugliano (NA) i quali, in breve, hanno ricomposto il quadro delle innumerevoli sevizie dando un’identità ai persecutori di quel ragazzino violentato senza un minimo di pietà, nei luoghi più impensati e che dovrebbero essere maggiormente sicuri, come gli spogliatoi di un campetto da calcio o la casa dei compagni di scuola.
Circa 800mila minori nel nostro Paese sono vittime di violenze; di essi solo 100mila sporgono denuncia. Il bullismo può spingere le vittime a gesti estremi come il suicidio. In ogni caso lascia ferite indelebili per tutta la vita. Non vogliamo buttare la croce addosso ai social network, da usare comunque con intelligenza, ma non possiamo non rivedere le responsabilità che ci appartengono e che dobbiamo mettere in campo nella galassia giovanile molto articolata e complessa.
Il tratto comune è la primordialità che collega il corpo all’idea della prova di forza, alla soddisfazione di un istinto che cultura, dialogo, ascolto e convivenza corretta dovrebbero abbattere nel rispetto della persona. Famiglia, scuola e società tutta devono porsi in prima linea per interrogarsi, per fare la propria parte, per tornare a testimoniare e ad insegnare l’alfabeto delle emozioni, per aiutare i ragazzi a dominare le turbolenze e l’aggressività.
Senza più aspettare Godot.

Ivana Fornesi