
L’acuto sociologo è morto a Leeds il 9 gennaio scorso

Per tutta la sua lunga vita, conclusa a 91 anni, il profondo sociologo polacco Zygmund Bauman ha indagato il mondo attuale e lo ha riassunto nella definizione di “vita liquida”, un attributo inconsueto, ma molto adeguato per dire la condizione precaria della vita, oggi vissuta da moltitudini di uomini in uno stato di continua incertezza, di assenza di orientamento e di durata.
È un vivere con disagio e ansia, nel presente, in velocità. Una vita solipsistica, disinteressata agli aspetti della collettività, una vita di consumi e alla corsa a ciò che è aggiornato, ma sempre instabile ed effimero. I grandi riferimenti della cultura del passato, l’ardore delle utopie sono certamente ancora utilizzabili, ma rispetto agli stili di vita dominanti, non hanno autorità autonoma sufficiente per imporsi e diventare orientamento credibile e condiviso. Prevalgono surrogati inaffidabili strategicamente propagandati, ibridi, che danno solo parvenza di identità: una condizione di indefinitezza, non di libertà, non di scelta.
Ma ricostruire una “modernità solida” è possibile
L’analisi di Bauman è realistica, ne conveniamo tutti i giorni, ma non può indurre rassegnazione e inerzia. Ci sono dei rifugi, si può imparare a camminare sulle sabbie mobili. Contro la paura che genera insicurezza è essenziale l’esposizione alla differenza. Mai come prima abbiamo bisogno di legami solidi di amicizia e di fiducia reciproca, di ascoltare la voce della coscienza, di rifondare la sacralità del bambino: ritornare solidi su valori etici, spirituali, amorosi, responsabili. Una via fondamentale è fare scelte consapevoli, insidiate da incertezza e fatica, ma possibili. Bisogna esigere una scuola formativa dell’umanità dell’uomo, che dia strumenti critici e scommesse decisive per collegare interesse individuale e bene comune, il senso della politica come servizio. Una democrazia non sopravvive se i cittadini sono resi consumatori tenuti nell’ignoranza e nell’indifferenza politica. La precarietà, la passività si sconfiggono con quel minimo di fede e di speranza nel futuro che è necessario per ribellarsi, per costruirsi un giudizio informato distinto dalla “mera opinione” spesso decisa da autorità dominanti sulla libertà di informazione. Nel passato il principe aveva consigliere un intellettuale, figura ora inascoltata e assente là dove si decide, ma che può mettere un messaggio nella bottiglia, prima o poi sarà letto e porterà almeno un’ombra di solidarietà verso gli umili e gli emarginati, la speranza di libertà,la difesa di valori veri con responsabilità planetaria perché tutti dipendiamo gli uni dagli altri. Ognuno può mettere nella bottiglia che la frustrazione è transitoria e la speranza duratura,le possibilità sono indistruttibili e le difficoltà superabili. Idee di Bauman consonanti con l’appello di papa Francesco a non lasciarci rubare la speranza. Sì, noi possiamo!
Il mercato segue criteri sconvolgenti, deve dimostrare di essere continuamente capace di trasformarsi, di proporre merce di “nuova generazione”, non può tollerare clienti fedeli e impegnati e che si tengono stretto ciò che hanno, l’obiettivo è evocare nuovi bisogni e impedire che i desideri siano finalmente soddisfatti. Diventa sempre più difficile raggiungere un equilibrio tra libertà e sicurezza, due valori indispensabili a condurre una vita “dignitosa e felice”, a costruire identità.
Neppure la politica e lo Stato riescono a promettere la tutela a vita dei cittadini. Agli ideali del lungo periodo e della totalità, la società dei consumi liquido-moderna mira alla gratificazione istantanea e alla felicità individuale, respinge il sacrificio di oggi in vista di finalità remote. Nella storia è sempre stata la cultura “ribelle, ingestibile” ad essere collegata a un’idea di miglioramento prevenendo o arrestando il deterioramento, ma oggi i creatori di cultura rischiano l’impotenza e l’emarginazione se non riescono a convivere o ad adattarsi con i managers. Bauman osserva che fino a pochi decenni fa è stata la cultura a guardare oltre l’attualità, a puntare più in alto, a dare ai dirigenti “il sogno che si avvera” .
Ma da ultimo sono accadute molte cose e in peggio; Bauman le riassume in cinque fenomeni. Il neoliberalismo ha convertito l’uomo in consumatore e niente altro, che può rivelare se stesso solo nella sfera privata. I governi statali sono diventati “mediatori delle esigenze del mercato”. I dirigenti valutano in base al monitoraggio del consumo “immediato”. La creatività culturale come l’abbiamo conosciuta nel passato rischia di diventare merce con perdita di durata, di eternità e di infinito. Tutto potrebbe o è già diventato merce: le persone, il corpo, il gioco, il tempo, la paura, le informazioni riservate, gli eventi-celebrità presto obsoleti, la sicurezza, principale argomento di vendita nelle campagne elettorali. La modernità liquida si consolida in una “sindrome consumistica” di un’epoca che ha perso la fiducia in se stessa, che cambia ma non ha una destinazione, programma l’eccesso e lo scarto, contrapposta alla precedente “modernità solida che viveva verso l’eternità”. Oggi la memoria pubblica è breve, pertanto la maggior parte delle promesse sembrano essere fatte solo per essere violate, rovesciate o negate.
Maria Luisa Simoncelli