È in pieno svolgimento la Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani. L’ impulso dato da papa Francesco alla riconciliazione tra chiese cristiane nell’Anno Santo straordinario
“L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione” è il motto biblico ispirato al capitolo 5 della II Lettera ai Corinzi scelto dal Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani per i momenti di preghiera ecumenica e di riflessione che si svolgono nel mondo cristiano dal 18 al 25 gennaio. Ma qual è l’attuale stato di salute del dialogo ecumenico? Visto dalla sponda cattolica, l’impulso che papa Francesco ha dato al tema della riconciliazione tra chiese cristiane durante l’Anno Santo straordinario del 2016 è stato notevole.
Basta elencare le mete dei viaggi apostolici compiuti da Francesco nel 2016. Recandosi in Messico, a febbraio, facendo scalo a l’Avana, il Vescovo di Roma ha incontrato il patriarca ortodosso di Mosca Cirillo, primo incontro nella storia tra il Papa di Roma e il Patriarca della più grande chiesa ortodossa del mondo.
Ad aprile, Francesco si è recato nell’isola greca di Lesbo assieme al patriarca ecumenico Bartolomeo I e all’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronimos II per incontrare i profughi e i rifugiati lì ospitati. A giugno, papa Bergoglio si è recato in Armenia, come prima tappa del suo viaggio apostolico nel Caucaso, dove è stato ospite del catholicos Karekin II. Infine, a ottobre, quello in Svezia, nelle città di Lund e Malmö, dove ha partecipato alla cerimonia per il 500º anniversario della Riforma protestante; senza dimenticare l’incontro in Vaticano, sempre in ottobre, con i Primati delle Provincie Anglicane guidati dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby.
Francesco ha dato nuova linfa al percorso ecumenico cominciato dopo il Concilio Vaticano II. Lo ha fatto con il suo stile, dalla sottolineatura forte posta sulla definizione di se stesso come “vescovo di Roma”, più che come “papa”, fino alla promozione di una visione di Chiesa “sinodale” molto vicina a quello vigente nelle chiese ortodosse, dove il Patriarca governa con la collaborazione del suo sinodo.
La cattolicità della Chiesa, secondo Bergoglio, si esprime nel riconoscimento delle differenze, come affermato innanzi agli anglicani ricevuti in Vaticano: “È cresciuta la convinzione che l’ecumenismo non è mai un impoverimento, ma una ricchezza; è maturata la certezza che quanto lo Spirito ha seminato nell’altro produce un raccolto comune”.
Sembra che il Papa desideri sottolineare e far leva su ciò che unisce le Chiese tra loro, prima che su ciò che le divide. E a chi lo ha accusato di debolezza per questa scelta, ha replicato citando senza esitazione Lutero e la sua reazione alla “tentazione di costruire una Chiesa autoreferenziale, che porta alla contrapposizione e quindi alla divisione”. “Questo è il cammino della Chiesa. Non sono io. Non ho dato nessuna accelerazione”, ha dichiarato il Papa ad Avvenire.
Lo storico incontro con Cirillo, realizzazione del “sogno” mai realizzato di Giovanni Paolo II, o la partecipazione al V centenario delle tesi di Lutero sono segni tangibili delle nuove relazioni tra chiese cristiane: rispetto all’ortodossia, l’avvicinamento dopo la reciproca cancellazione delle scomuniche rende, secondo molti osservatori, sempre meno significative le differenze e c’è chi già parla di “unità nella diversità riconciliata”; nel rapporto con i protestanti, basti ricordare come i precedenti quattro centenari delle tesi luterane siano sempre stati occasione di scontro e di approfondimento delle divisioni.
Come ha affermato Francesco nel suo incontro con i rappresentanti della Chiesa anglicana, “c’è un tempo per ogni cosa (cfr Qo 3,1) e questo è il tempo in cui il Signore ci interpella, in modo particolare, a uscire da noi stessi e dai nostri ambienti, per portare il suo amore misericordioso a un mondo assetato di pace. Aiutiamoci gli uni gli altri a mettere al centro le esigenze del Vangelo e a spenderci concretamente in questa missione”.