II Domenica di Avvento (Is 11,1-10     Sal 71    Rm 15,4-9    Mt 3,1-12)

Giovanni Battista ci accoglie nell’Avvento e prepara la venuta del Signore nella nostra vita. È il precursore che annuncia il Salvatore. Grida: “Il regno di Dio è vicino”. In questo modo invita a rendersi conto della novità e opportunità di questo avvenimento e a farlo entrare nella nostra vita. Come preparare l’incontro con il Messia? Giovanni proclama la Legge, chiama le persone a confrontarsi con la Legge. La Legge di Dio è l’aiuto, la verità che svela il peccato in noi e facendoci prendere coscienza che siamo peccatori, ammalati, poveri, ci spinge ad accogliere il Salvatore, perché da soli saremmo impotenti e condannati. “Chi mi libererà da questo corpo di morte ( a causa del peccato)? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore”! Chi si lascia convincere di peccato, va a Gesù Cristo come un povero, si lascia evangelizzare da lui e crede al suo amore e al perdono dei peccati e lo Spirito Santo, che Lui effonde con abbondanza, libera dalla schiavitù del peccato e trasforma il peccatore in santo. “Gesù abbi pietà di me che sono un peccatore”. “Gesù ricordati di me quando entri nel tuo regno”. Allora: preparare la via del Signore in noi è lasciarsi convincere di peccato in verità, senza attenuanti e affidarsi alla sua misericordia regale e con il suo aiuto decidersi a non peccare più. Chi si sente giusto, chi scusa o minimizza i propri peccati non accoglie Il Signore e non vuole convertirsi. Il peccato reclama una purificazione. Gesù Cristo prende su di sé i peccati del mondo, lui si è fatto carico delle conseguenze dannose : “Lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché noi in lui potessimo diventare giustizia (santi) di Dio”. Lasciamo entrare nella nostra vita tanta misericordia, riconoscendo i nostri peccati, piangendo su di essi. “Neanche io ti condanno. D’ora in poi (ora che hai incontrato in Cristo la misericordia) non peccare più. “Ecco sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio”. “Il Signore, guarda verso l’umile (il peccatore che si riconosce come tale); il superbo (il corrotto) invece lo riconosce da lontano”.
Interessante questo testo di Papa Francesco: “La Chiesa condanna il peccato perché deve dire la verità: questo è un peccato. Ma allo stesso tempo abbraccia il peccatore che si riconosce tale, lo avvicina, gli parla della misericordia infinita di Dio”. “La corruzione è il peccato che invece di essere riconosciuto come tale e di renderci umili, viene elevato a sistema, diventa un abito mentale, un modo di vivere … Non ci sentiamo più bisognosi di perdono e di misericordia, ma giustifichiamo noi stessi e i nostri comportamenti. Il peccatore pentito, che poi cade e ricade nel peccato a motivo della sua debolezza, trova nuovamente perdono, se si riconosce bisognoso di misericordia. Il corrotto, invece, è colui che pecca e non si pente, colui che pecca e finge di essere cristiano, e con la sua doppia vita dà scandalo. Il corrotto non conosce l’umiltà, non si ritiene bisognoso di aiuto, conduce una doppia vita. Il corrotto si stanca di chiedere perdono e finisce per credere di non doverlo più chiedere. Non ci si trasforma di colpo in corrotti, c’è un declino lungo, nel quale si scivola e che non si identifica semplicemente con una serie di peccati…” “Il peccatore, nel riconoscersi tale, in qualche modo ammette che ciò a cui ha aderito, o aderisce, è falso. Il corrotto, invece, nasconde ciò che considera il suo vero tesoro, ciò che lo rende schiavo, e maschera il suo vizio con la buona educazione, facendo sempre in modo di salvare le apparenze”. (Papa Francesco, da il libro-intervista “Il nome di Dio è Misericordia”  curato da Andrea Tornielli.)

Don Lucio Filippi