Il paliotto dei Sacri Cuori di Gesù e Maria

Con il furto sacrilego di lunedì 8 febbraio la Concattedrale di Pontremoli è stata privata di un importante reperto storico devozionale. L’opera era stata commissionata nel 1825 all’incisore parmense Giovanni Battista Vaghi, ma rimase per oltre un secolo e mezzo nella sacrestia nuova prima di essere collocata sul nuovo altare al centro del presbiterio

Altare Duomo Pontremoli
Il paliotto del XIX secolo rubato l’8 febbraio 2016 settimana nel Duomo di Pontremoli

Il furto sacrilego perpetrato lunedì 8 febbraio scorso in Duomo ha interessato quasi esclusivamente l’arredo di argento del paliotto dell’altare mobile posto al centro del presbiterio. Un danno notevole, ma non tanto per gli aspetti venale ed artistico, sicuramente importanti, ma marginali rispetto ai significati che il manufatto assumeva in chiave storica e devozionale. L’opera, infatti, si inserisce nel grande progetto voluto dai fratelli Stanislao e Antonio Bonaventuri, canonici della Cattedrale, che, nel 1824, dettero il via alla costruzione della grande cappella sita nel transetto destro, a fianco del presbiterio e dell’abside. L’intenzione originale era quella di costruire un luogo in cui recuperare la devozione ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria, da tempo trascurata e praticamente abbandonata, prima a causa della riforma religiosa di Pietro Leopoldo che, guidata dal vescovo di Pistoia, il giansenista Scipione de’ Ricci, oltre ad escludere le manifestazioni religiose popolari esteriori e a sopprimere ordini religiosi, conventi e confraternite, prese di mira, con particolare accanimento, proprio la devozione ai sacri Cuori di Gesù e Maria, diffusa su tutto il territorio toscano e che, di fatto, fu cancellata per un lungo frangente. Il silenzio si protrasse, poi, per tutto il periodo della rivoluzione francese e dell’impero napoleonico e solo con il ripristino del Granducato di Toscana dopo il Congresso di Vienna risorse un po’ ovunque con rinnovato fervore stimolando numerosi parroci anche nella Lunigiana toscana a riproporne la festività e il culto delle due immagini. L’intenzione dei fratelli Bonaventuri si manifestò chiaramente nel 1824 quando fu presentata al Comune di Pontremoli l’Istanza per la costruzione di una Cappella da dedicare ai Sacri Cuori di Gesù e Maria dall’Arch. Marchese Tommaso Malaspina di Mulazzo. In attesa dell’avvio del lavori, nel 1825 commissionarono all’incisore parmense Giovanni Battista Vaghi il paliotto che avrebbe dovuto arredare l’altare della cappella e le due belle tele con le due immagini al pittore senese Giuseppe Collignon già autore della Deposizione di Gesù dalla Croce, posta nel transetto sinistro. Tutto, quindi, era stato predisposto per arredare la costruenda cappella che, però, sarà terminata solo agli inizi degli anni quaranta quando già i fratelli Bonaventuri erano scomparsi ormai da alcuni anni. Nel frattempo, però, restava aperto un problema da tempo presente nella chiesa e cioè il fatto che il SS. Sacramento veniva esposto nell’altare di San Vicinio, sito al centro del transetto sinistro, quindi in un ambito sicuramente “consono” come prescrivevano le disposizioni liturgiche, ma poco adatto per la gestione del luogo in quanto la venerazione necessitava di un approntamento adeguato che doveva essere modificato, per la massiccia partecipazione dei fedeli, in ognuna delle tante celebrazioni previste in Duomo nel corso dell’anno e quindi ripristinato. La presenza della Cappella voluta dai Bonaventuri suggerì all’Opera parrocchiale di trasferire nel nuovo sito l’esposizione del SS. Sacramento, che veniva così ad essere ospitato in ambiente più raccolto e protetto, mentre la devozione dei Sacri Cuori veniva trasportata all’altare di San Vicinio.

Duomo Pontremoli
L’interno della concattedrale di S. Maria Assunta a Pontremoli

Niente di eclatante nei fatti, semmai la giusta soluzione a un problema fino a quel momento irrisolvibile, che però vanificava l’impegno dei committenti. Così, mentre le due belle tele del Collignon restavano nella Cappella ad arredo di un contesto che, nel corso del secondo Ottocento, ma soprattutto per l’impegno profuso nel Novecento dal proposto Mons. Annibale Corradini, avrebbe subito notevoli trasformazioni, il paliotto, persa la destinazione originaria e inadatto a essere inserito nel magnifico altare settecentesco di San Vicinio, terminato appena dopo la cappella, fu conservato nella sacrestia nuova fino alla fine del secolo scorso quando, rivolto l’altare verso i fedeli per le disposizioni del Concilio Vaticano II, fu recuperato e riproposto al centro del presbiterio. Occorre dire che, per la mancata esecuzione delle intenzioni originanti, la devozione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria fu trascurata per lungo tempo in Cattedrale, tanto che, nel 1883, il proposto Don Giovanni Zampetti la istituì in San Geminiano e avviò una serie di celebrazioni religiose destinate a dilatarsi nel tempo, provvedendo anche all’acquisto del “quadro del sacro Cuore dell’artista Giuliani” di Milano. Dal 1889 le celebrazioni furono trasferite in Duomo e giunsero a durare un mese con la presenza di un predicatore gesuita che veniva ospitato dal vescovo. La pratica si protrasse per alcuni decenni anche se per motivi economici furono eliminate le predicazioni, ma si provvide a stabilizzare il culto con l’acquisto della statua del Sacro Cuore dello scultore Guacci di Lecce, ancora oggi visibile sull’altare del San Vicinio.

Luciano Bertocchi