I fondi stranieri  pronti a prendersi  l’economia italiana.  Con l’avallo  del governo

Elon Musk di Starlink e Larry Fink del fondo BlackRock a colloquio con Meloni.
Il governo apre sull’ingresso dei grandi fondi globali nelle infrastrutture strategiche e nelle prossime privatizzazioni. Smentendo la retorica della destra sovranista che tutela l’economia nazionale

Giorgia Meloni ed Elon Musk a New York (Foto Ufficio Stampa Presidenza del Consiglio)

A quasi due anni dall’insediamento del governo, il suo proclamato sovranismo sta dissolvendosi in una politica economica di ben altro tenore, come mostra l’operato recente del Presidente del Consiglio in tema di privatizzazioni e infrastrutture strategiche.
Il sovranismo che Giorgia Meloni dice di incarnare opera una feroce critica della globalizzazione, della finanziarizzazione e delle conseguenze economiche e sociali generate dal liberismo.
In coerenza con queste tesi, lungo tutta l’ascesa politica di Meloni si è assistito alla celebrazione ossessiva, talvolta caricaturale, del made in Italy, all’esaltazione fuori misura della sovranità alimentare, alla centralità quasi autarchica dell’economia nazionale demolita, nella narrazione della destra, dall’Europa delle élite tecnocratiche.
Tuttavia i fatti, i comportamenti e le decisioni assunte dal governo sono in costante contraddizione con la retorica antiglobalista e antiélitaria sparsa a piene mani dalla destra italiana. Le ultime settimane sono state esemplificative.
Durante il recente viaggio a New York per partecipare all’Assemblea Generale dell’Onu, il Presidente del Consiglio italiano ha partecipato al gala dell’Atlantic Council, un “think-thank” che opera come luogo di incontro di quello che potrebbe essere chiamato dai sovranisti “potere globalista”.
A proprio agio in uno dei luoghi simbolo della contestata tecnocrazia occidentale, Meloni ha ricevuto un premio per mano di Elon Musk, il controverso uomo più ricco del mondo, capo di Tesla, padrone incontrastato del social network X, di simpatie trumpiane.
Musk ha speso per Meloni parole di elogio spassionato, al punto che qualche mass media italiano ha dipinto le relazioni tra i due quasi a tinte rosa, quando in realtà sono stati gli affari ad avere indirizzato la relazione: con la sua Starlink, un sistema di collegamenti satellitari a copertura globale, Musk pare sia interessato a coprire l’intero territorio italiano, utilizzando fondi propri e finanziamenti Pnrr.
Il suo ingresso nel business digitale italiano sbaraglierebbe gli investimenti delle italiane OpenFiber (di cui Cassa Depositi e Prestiti e socio di maggioranza) e Tim. Dopo l’ok del governo alla vendita della rete telefonica al fondo americano Kkr, l’arrivo di Starlink aumenterebbe le già grandi preoccupazioni per la sicurezza dei dati e delle comunicazioni, pilastro fondamentale della sovranità di uno Stato nell’era digitale e in un crescente clima di guerra (anche tecnologica).
Cedere a fondi finanziari le infrastrutture fisiche strategiche del Paese e aprire al monopolio di potenti imprese globali le comunicazioni digitali ha ben poco a che fare con la centralità dell’economia nazionale.
Il rientro in Italia del premier ha dissolto definitivamente ogni incertezza. A inizio ottobre Palazzo Chigi ha ricevuto Larry Fink, presidente e amministratore delegato del colosso statunitense della finanza BlackRock, il più grande dei tre giganti della finanza internazionale assieme a Vanguard e State Street.
BlackRock gestisce un patrimonio di 10mila miliardi di dollari, il valore del Pil di Germania e Giappone messi insieme, ed è presente tra i primi azionisti di gran parte delle grandi aziende del mondo capitalista.
In Italia la società di Larry Fink possiede il 7% in Unicredit, il 5% in Intesa Sanpaolo ed è presente con quote cospicue nella compagine azionaria di Mediobanca, Ferrari, Banco Bpm, Moncler, Enel, Eni, Snam, Terna, Italgas, Poste Italiane e, tramite una controllata, in Italo.
L’ultima operazione di Fink è l’ingresso con una quota del 3% in Leonardo, gigante italiano a partecipazione statale dell’aerospazio e degli armamenti. A questa operazione si aggiungono le indiscrezioni sulla possibilità di acquisto, sempre da parte di BlackRock del portafoglio, stimato in 3,3 miliardi di euro, di Sace, il gruppo assicurativo e di investimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze che supporta le imprese italiane che esportano nei mercati esteri.
Se l’operazione trovasse conferma ci troveremmo con il principale strumento pubblico di sostegno alle imprese del made in Italy, tanto caro alla retorica governativa, nelle mani degli americani.
In questo scenario Meloni avrebbe prospettato a Fink l’opportunità di investire in Autostrade, oggi al 51% pubbliche e Ferrovie dello Stato, ancora a totale controllo statale, e di incrementare la partecipazione in Poste, in cui lo Stato andrebbe in minoranza. Scelte dettate dal bisogno di fare cassa per incassare entro il 2026 circa 20 miliardi tramite la privatizzazione di quel che rimane delle aziende di Stato e ridurre il debito pubblico.
La scena è quella di un governo intento a rappresentare la “difesa dei confini” dell’Italia e la protezione delle nostre imprese come la sua missione, ma che in realtà mette in vendita l’argenteria che è rimasta in vetrina, rinunciando a dividenti, dissipando ciò che resta di pubblico e aprendo ai potentati globali un sistema economico nazionale in palese affanno. Se questo è sovranismo…

(Davide Tondani)