
A Pontremoli una mostra e un libro per conoscere un pezzo d’Africa
Prima una bella serie di fotografie esposte in Comune poi Giorgio Pagano, ottimo ex-sindaco della Spezia, è venuto il 5 maggio a Pontremoli per comunicare le sue esperienze e un innovativo ed efficace piano di cooperazione per il piccolissimo Stato di Sâo Tomé e Principe nel golfo di Guinea, tagliato dall’equatore a latitudine zero.
Il suo libro si intitola appunto “Diario do centro do mundo”, è stato introdotto da Fabrizio Pizzanelli di famiglia di Cervara, un grafico che fece anni fa da noi la mostra “Segni incisi”, è direttore di “Funzionari senza frontiere”. Ha sottolineato che molti problemi degli abitanti del piccolo arcipelago si avvicinano ai nostri, provenendo dal sistema coloniale portoghese. Per dare loro effettivo sviluppo funziona bene solo il coinvolgimento degli abitanti del luogo, che vanno trattati alla pari rispettando la loro identità culturale con una cooperazione dal basso.
Dettagliata di notizie, concretezza di progetti è stata la relazione di Giorgio Pagano che ha vissuto nella parte più povera di Sâo Tome, la foresta di Lambà e ha cooperato per far decollare un Piano vincitore di concorso finanziato dall’Ue. Esso si consolida su tre cardini: ecoturismo, agricoltura, biodiversità. Finito il mandato di sindaco, Pagano non si è dato alla politica “politicante” ma ha scelto la cooperazione. Prima ha realizzato l’ardito gemellaggio tra Jenin città palestinese e Jaffa israeliana, dove nel 1947 approdò la nave “Exodus” con ebrei partiti dalla Spezia.
Ora nello Stato africano coopera per far nascere esperienze produttive e manageriali da parte degli autoctoni, per renderli autonomi, per realizzare una gestione comunitaria del Parco, che è la struttura fondamentale per il turismo rurale, per difendere una natura meravigliosa, ricchissima di specie botaniche e ornitologiche. Non vanno bene iniziative esterne copiate dall’Occidente, l’Africa si salva da sé quando viene data voce alla società civile e si trasferiscono ai cittadini poteri e funzioni. Sâo Tomé e Principe, isole scoperte e colonizzate dai portoghesi nel 1471 per avere un porto sicuro per il traffico umano degli schiavisti, dal 1975 sono uno Stato indipendente, liberato da sistemi politici ed economici neoliberisti o collettivistici portatori di corruzione, ora ci sono condizioni di democrazia e cittadini che vogliono lavorare per risolvere i problemi da sé, perché hanno valori morali e civici importanti e senso della comunità, del crescere insieme.
Paesi cooperanti e donatori danno contributi, partner per far nascere industrie compatibili con l’ecosistema, rinnovare la pesca, fare coltivazione controllata del bambù per usarlo come materiale da costruzione invece di tagliare gli alberi, indispensabili per far vivere la pianta del cacao e difendere la vera vocazione che è quella del turismo rurale.
C’è molto da fare per l’istruzione, la sanità, le strade e per mettere in comunicazione gli abitanti delle due isole maggiori, senza collegamenti prima dell’aereo perché le piccole barche non resistono alle onde maestose dell’oceano.
Il cacao è coltivato in Africa ma la cioccolata si produce altrove
Sâo Tomè e Principe hanno le condizioni climatiche ottimali per la pianta del cacao, c’è la piovosità della fascia equatoriale che avvolge come una grande cintura verde tutte le terre emerse di quelle latitudini. C’è l’ombra dei grandi alberi che proteggono la sottostante pianta del cacao dalle foglie delicate che non resisterebbero agli ardori del sole. Per lo sviluppo economico bisogna puntare a produrre cioccolata sul posto invece di vendere la materia prima a industrie straniere che moltiplicano enormemente i profitti: è il problema globale del rapporto non equo tra produttori e trasformatori. C’è nell’arcipelago africano una ditta italiana che fa un prodotto ottimo, di nicchia, ma brevetti e tecniche di lavorazione sono ben custodite da segreto. Se gli autoctoni sapranno impiantare laboratori adeguati, ci sarà prosperità per il paese e noi avremo il piacere goloso di mangiare ottima cioccolata prodotta in loco e non in terre lontane, svizzere, perugine o di chissà dove. La globalizzazione porta a scambi di conoscenze e di tecniche, mutamenti di percorso delle merci, ognuno vi può trovare la sua specificità produttiva: operando in un’ottica mondiale differenziata c’è posto per tutti.
(m.l.s.)