Nella festa del patrono San Geminiano, in Concattedrale a Pontremoli, il vescovo di Chiavari, mons. Devasini ha presieduto il solenne Pontificale con il vescovo diocesano fra’ Mario e il vescovo emerito Silvani
“L’uomo è un essere fatto per amare ed essere amato”. Queste le parole più significative di mons. Giampio Devasini, vescovo di Chiavari, che nelle ore vespertine di mercoledì 31 gennaio nella Concattedrale di Pontremoli, ha presieduto la S. Messa Pontificale in onore del vescovo San Geminiano, patrono della città.
Presenti il vescovo diocesano mons. Mario Vaccari, e il vescovo emerito di Volterra, mons. Alberto Silvani, i Canonici del Capitolo della Concattedrale, i parroci dell’unità pastorale cittadina e altri sacerdoti provenienti dai vari vicariati della nostra diocesi, mentre la celebrazione è stata animata dalla Corale Santa Cecilia.
Nutrita la partecipazione di fedeli e di autorità civili e militari, tra cui molti sindaci del nostro territorio, il Prefetto e il Presidente della Regione Eugenio Giani. Hanno partecipato le delegazioni dei comuni di Modena e San Gimignano (che, unitamente al sindaco di Pontremoli, hanno offerto la cera votiva al celebrante) e i rappresentanti della Confraternita di San Geminiano di Modena che hanno offerto una brocca d’olio.
Mons. Giampio Devasini, vescovo di Chiavari
Religiosi e storici: i legami con Chiavari
La presenza di mons. Devasini ha anche rinnovato i legami con il nostro territorio.
Quello affettivo in quanto il vescovo Giampio è nato nella diocesi di Casale Monferrato come lo fu il compianto ed indimenticato mons. Giovanni Sismondo che fu “santo” vescovo di Pontremoli dal 1930 al 1955.
Quindi un legame religioso poiché il 2 luglio mentre a Pontremoli si celebra la Madonna del Popolo, a Chiavari si venera la Madonna dell’Orto, titolare della Cattedrale.
Infine un legame storico poiché nella diocesi di Chiavari si trova la cittadina di Lavagna della quale era originaria la famiglia Fieschi che governò il territorio pontremolese nei primi decenni del XV secolo. Da quella nobile famiglia discendevano papa Adriano V e la nipote Alagia (entrambi citati da Dante nel XIX Canto del Purgatorio) che sposò Moroello Malaspina, marchese a Giovagallo di Tresana.
Il Vangelo proclamato ha suggerito mons. Devasini di riflettere sul sentimento della compassione che implica tre movimenti: non distogliere lo sguardo, lasciarsi ferire il cuore e prendersi cura della fragilità dell’altro: solo la compassione genera la vera pace e una vita buona, bella e autentica.
Citando don Lorenzo Milani in Lettera a una professoressa, il vescovo di Chiavari, ha affermato come l’indifferenza porta ad un “ripiegamento su di sé” e ad un’esperienza di “pace falsa” e di vita inconsistente. Ognuno di noi infatti è chiamato alla compassione, iniziando da chi è impegnato nelle istituzioni civili ed ecclesiali. Il vescovo di Chiavari ha quindi pronunciato un’attenta riflessione sulla politica, con la “P” maiuscola, affermando che essa è quella che prende le mosse dalla compassione intesa come “condivisione dei problemi, partecipazione intima alle fragilità degli altri, dare parole a chi non ha voce, rimuovere le ingiustizie, custodire la casa comune”.
Parafrasando poi le parole del commediografo latino Publio Terenzio Afro e del poeta inglese John Donne, il monito del presule per tutti a rispondere alla chiamata alla carità politica in ragione della nostra umanità: “non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te”. Poi un riferimento alla carità politica come programma di Gesù e di ogni cristiano: “dar da mangiare”, servire e custodire chi è affamato di verità e giustizia, chi è spogliato della dignità, chi è estraniato dal mondo di quelli che contano, chi è privato della vita, della libertà, della salute, chi cerca un senso alla propria esistenza.
Mons. Devasini ha anche offerto una riflessione sul senso della compassione nella vita di San Geminiano che fu “appassionato del bene di tutti” con una visione non certo monolitica e chiusa della vita bensì “politica” e aperta. Vescovo di Modena, nonostante l’età già avanzata e le precarie condizione di salute, volle partecipare al Concilio di Milano nel 390 e viaggiare fino a Costantinopoli (per guarire la figlia dell’imperatore) perché sentì come Sua la situazione delle popolazioni lontane tanto da offrire di persona il proprio contributo. Infine un augurio perché tutti gli uomini, con Gesù e come Gesù, praticando ogni giorno la compassione possano “fare qualcosa per il bene degli altri”.
Al termine della celebrazione dopo che i vescovi, rientrati in Episcopio, si sono “affacciati” come da tradizione alla finestra centrale, sul greto del torrente Verde è arso il tradizionale Falò in onore del Santo Patrono.