Un’estate segnata dagli orrori degli stupri

Un’ondata di orrore ci costringe ad occuparci di episodi di pura follia da parte di giovanissimi, alla ricerca spasmodica di una pornografia violenta ed umiliante al punto di sopprimere, per sempre, la dignità di cui è portatore ogni essere umano.

Mentre viviamo il dolore per lo stupro da parte del branco di Palermo ai danni di una diciannovenne, con sette arresti, un’altra storia atroce, questa volta nella zona di Napoli, sparge sudiciume in questa torrida estate. Vittime due cuginette di appena tredici anni, bambine con i loro sogni, con il loro desiderio di normalità. Cinque ragazzi poco più grandi di loro, unitamente ad un diciannovenne, dopo averle invitate a seguirli in un capannone abbandonato nel Parco Verde di Caimano, le violentano senza pietà. Contrariamente a quello che quel nome potrebbe far pensare, in quel luogo non c’è spazio né per l’erba, né per i fiori… soprattutto non si bada né ai sentimenti, né alle emozioni, né alle regole poiché la camorra annulla Stato, leggi, valori.

Stuprate vigliaccamente, le ragazzine rientrano a casa. Non si confidano con i genitori, forse, abituati all’omertà, alla sottomissione del “più forte” visto che, in quel quartiere, il 70% degli abitanti ha problemi con la giustizia. Mentre le cuginette tacciono, gli aguzzini postano tutto sui social. Se ne accorge un famigliare che dà la stura alle denunce, quindi all’iter degli interrogatori da cui escono altri dettagli raccapriccianti. Siamo davvero arrivati, come sostengono in massa gli esperti, alla più squallida banalizzazione dell’esperienza porno–sessuale le cui immagini disumanizzanti favoriscono negli adolescenti modelli predatori, con la “benedizione” di pubblicità decisamente disprezzabili, come è accaduto ultimamente e gli stupri, pur gravi, sono solo la punta dell’iceberg. Non serve stracciarsi le vesti se continuiamo a restare al davanzale.

Urge riqualificare il nostro ruolo di adulti. Tutti coinvolti, lungi da assoluzioni a buon mercato: non esiste “quiescenza” educativa. La famiglia non è più il rassicurante “recinto” degli affetti dove i figli vengono aiutati a crescere sani nel fisico, nella mente e nella sfera delle emozioni e dei sentimenti. Nel totale rispetto di sé e degli altri. La scuola, scudo per attrezzare i ragazzi ad affrontare anche le salite della vita, la società intera, che dovrebbe dare le dritte per le risorse etico–morali, si sono trasformate in incubatrici di percorsi sbagliati, non consoni alle aspettative dei giovanissimi. Manca la capacità di cementare i rapporti, di dialogare, di ascoltare, di redarguire, di favorire progetti duraturi, laddove hanno il respiro di una manciata di attimi. Di fronte al “deserto” educativo, il mondo degli adulti deve recuperare, con coscienza, ruoli inderogabili impegnandosi anche all’educazione dell’affettività e dell’assoluto rispetto della vita. Rimbocchiamoci le maniche. Il tempo, purtroppo, è già scaduto. Ma cambiare rotta si può. E si deve.

Ivana Fornesi