Se le emozioni vengono trattate come merce

Produttività ed efficienza, valori della tecnica, richiedono operatori non disturbati da emozioni e sentimenti. Oggi il modello dominante nella comunicazione è internet. Umberto Galimberti ne “Il libro delle emozioni” prova a farci ritrovare le nostre reazioni affettive

Il libro delle emozioni di Umberto Galimberti (Feltrinelli, 2021), docente di filosofia della storia e psicologia generale e dinamica, è un saggio critico efficace per ritrovare le nostre reazioni affettive e stimolate dall’esterno che sono le emozioni, un mondo che, pur disponendo di studi molto approfonditi, è ancora abbastanza sconosciuto per la sua stessa natura che implica molteplici scenari. Garimberti segnala i punti teorici del dualismo di mente e corpo del modello platonico e del modello fenomenologico, che da Cartesio giunge all’odierna mentalità scientifica e concepisce l’uomo in relazione al mondo che lo circonda e che gli sollecita emozioni.
Di particolare interesse sono le parti che descrivono come si vivono le emozioni nel nostro tempo, che espande la razionalità tecnica, ma determina come reazione o la rimozione delle emozioni o la chiusura nei propri sentimenti come unica legge di vita. L’età della tecnica ha ridotto l’uomo “a funzionario di apparati tecnici e fruitore di strumenti non perché li desideriamo ma perché siamo obbligati a desiderarli”: senza cellulare o computer c’è l’esclusione sociale.
La tecnica funziona se l’utente non è coinvolto emotivamente, se agisce con razionalità rigorosissima; passioni, affetti, immaginazioni, sentimenti sono rimossi perché considerati elementi di disturbo della produttività e dell’efficienza, i “valori” della tecnica. Ma Freud ci ha svelato che il rimosso ritorna e crea disagio anche grave nel nostro spazio intimo della vita emotiva e sentimentale.
Chi si rende conto di essere assediato dalla razionalità tecnica, se cerca di difendersi sciogliendo ogni legame con gli altri, finisce col crearsi una realtà allucinata, conforme ai propri sogni che danno l’illusione di libertà di costruire una propria linea di azione. Si è dilatata nel nostro presente una cultura del consumo alimentata dalle tecniche della pubblicità che induce a scegliere secondo offerte all’apparenza più vantaggiose.
Ma se tutto è revocabile, la vita non fa più riferimento a un mondo comune, rassicurante e durevole, subentra una individualità dai mille volti seguendo di volta in volta i modelli che segnala la pubblicità. In una società consumista, in cui le merci devono essere messe in mostra, anche le persone hanno la sensazione di esistere solo se si mettono in mostra: per esserci bisogna dunque apparire!
L’ansia di avere visibilità induce a esporre la propria interiorità, il “luogo” che custodisce emozioni, sensazioni, sentimenti, i significati “propri”, non omologabili e si fa strada il conformismo. Sulle nostre emozioni oggi c’è l’effetto internet che con le sue tecniche di comunicazione, se osservato in profondità, comunica a tutti l’interiorità personale, l’esperienza del mondo e anche le parole per descriverla. Non fa maturare un proprio pensiero ma solo quello comune a tutti.
Impossibile distinguere tra realtà e apparenza perchè il mondo è diventato “rappresentazione” della modulazione delle emozioni e dei sentimenti usando le parole di tutti. Il cellulare è un mezzo molto utile, annulla le distanze, ma è generatore di ansie, di esibizione. Il suo uso disinvolto, soprattutto da parte dei “nativi digitali”, fa scorrere brandelli di realtà senza le connessioni col mondo circostante e col proprio mondo interiore, che è l’unica condizione di fare silenzio per conoscerci, relazionarci e di avere memoria per evitare che in futuro la storia accada a nostra insaputa.

(Maria Luisa Simoncelli)