MASSA. Dopo 33 anni dalle esplosioni alla Farmoplant terreni e falda restano contaminati dai peggiori inquinanti. A rischio 22 milioni di euro stanziati nel 2018

L'area della ex Farmoplant
L’area della ex Farmoplant

Sulle bonifiche dell’ex area industriale apuana Ministero e Regione annunciano di voler accelerare: questo il senso dei titoli di giornali e agenzie di stampa che ad inizio settimana hanno illustrato i risultati scaturiti dalla riunione di lunedì 22 novembre in Prefettura a Massa. Una buona notizia, alla quale tutti si augurano facciano seguito atti non solo concreti ma soprattutto definitivi. Già, perché sono passati più di 33 anni dalle due spaventose esplosioni del 17 luglio 1988 che decretarono la fine dello stabilimento Farmoplant (ex Montedison, poi chiusa definitivamente nel 1991) e l’imbocco del viale del tramonto di quell’area industriale voluta nel 1939 tra Carrara e Massa e che ha ospitato alcuni dei più grandi colossi nazionali dell’industria chimica e metalmeccanica. Una fine che ha trascinato con sé decine di migliaia di posti di lavoro persi e lasciato una pesante eredità in termini di malattie professionali, percentuali di morti troppo elevate per essere “normali” e centinaia di ettari di territorio inquinati, stretti tra il mare e aree residenziali dove vivono migliaia di persone. Dire che dopo decenni si vuole “accelerare” sulle bonifiche può sembrare una battuta di pessimo gusto, ma non resta altro da fare che prendere il buono da questa affermazione e confidare che questa sia davvero la svolta. Da troppi anni si attende una soluzione per un’area dove hanno lavorato stabilimenti il cui processo industriale ha scaricato nell’aria e nel suolo alcuni tra i più pericolosi inquinanti ad oggi conosciuti.

L'esplosione della Farmoplant il 17 luglio del 1988
L’esplosione della Farmoplant il 17 luglio del 1988

Dichiarato Sito di Interesse Nazionale nel 1999 per la pericolosità degli agenti inquinanti, l’area aspetta ancora un’azione risolutrice perché la situazione era e resta grave. Sono contaminati i terreni (soprattutto da metalli e idrocarburi) e la falda è “diffusamente inquinata” da “metalli pesanti, IPA, MTBE, BTEX, solventi clorurati cancerogeni e non cancerogeni, pesticidi clorurati ed azotati”. Un inquinamento a poche centinaia di metri dal mare e che “si estende, inoltre, ad una consistente porzione delle aree residenziali” come si legge in una relazione dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente. L’accelerazione di cui si parlava all’inizio ha anche, e soprattutto, una motivazione economica per il rischio di perdere 22,5 milioni di euro che in gran parte aspettano di essere spesi da tre anni: devono essere utilizzati per lavori da appaltare entro il 2022. Ed è stato spiegato che queste sono le uniche risorse disponibili visto che i fondi previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (500 milioni di euro) non possono essere investiti nelle bonifiche. Poco tempo, dunque, se si pensa che deve essere ancora presentata e approvata la progettazione ed essere indette e aggiudicate le gare.

Il neogovernatore della Toscana, Eugenio Giani
Il presidente della Toscana, Eugenio Giani

Ne hanno parlato a lungo gli intervenuti al tavolo in Prefettura, riunione promossa dalla sottosegretaria al Ministero per la transizione ecologica Ilaria Fontana e alla quale ha partecipato anche il presidente della Regione Eugenio Giani con l’assessore regionale Monia Monni; con loro il prefetto Claudio Ventrice, il presidente della Provincia Gianni Lorenzetti e i sindaci di Carrara Francesco De Pasquale e di Massa Francesco Persiani. Un tavolo che – ha assicurato la sottosegretaria – sarà permanente per seguire passo passo un percorso che non ammette né errori né rinvii. E una nuova convocazione è stata infatti fissata per il mese di gennaio. Primo atto, come ha sottolineato l’assessore regionale Monni, dovrà essere l’approvazione del progetto definitivo così da poter appaltare i lavori, perché i mesi sono pochi e gli interventi difficili e urgenti. Gran parte della bonifica consisterà, infatti, nel creare uno sbarramento sotterraneo a valle delle aree più inquinate (quelle un tempo occupate dagli stabilimenti Ferroleghe, Eni Agricoltura, Farmoplant e Italiana Coke) che possa contenere le acque di queste vere e proprie sorgenti di inquinamento della falda. In attesa di vedere se il nuovo percorso deciso lunedì porterà i risultati sperati bisogna sottolineare come il “viaggio” non sia partito nel migliore dei modi: la polemica, infatti, è infuriata subito dopo la conclusione dell’incontro in Prefettura. Sono stati i sindacati Cgil, Cisl e Uil a stigmatizzare pubblicamente come il mondo del lavoro sia stato tenuto lontano da un tavolo i cui risultati, nel bene o nel male, saranno determinanti per un territorio in piena emergenza occupazionale. “Sulle bonifiche in questi anni abbiamo ascoltato fin troppi discorsi – ha detto Paolo Gozzani, segretario provinciale della Cgil, anche a nome dei colleghi Figaia e Borghini – e ora è venuto il momento di entrare nel merito e noi vogliamo sederci al tavolo con coloro che hanno il potere di decidere e intervenire”. (p. biss.)