Un progetto della diocesi sulle sagre sostenibili accende una luce sul problema dell’impatto ambientale delle feste all’aperto e sui costi di smaltimento dei tanti rifiuti. In Lunigiana regolamenti vaghi e poca chiarezza su chi paga.
Con l’arrivo dell’estate riparte la stagione delle sagre. Dopo il prologo fivizzanese di Sapori, le feste all’aperto entreranno nel vivo con la Festa della fame e della sete di Filattiera, dal 21 al 23 giugno, uno degli appuntamenti di maggior richiamo del panorama lunigianese. Ma nel corso dell’estate saranno tante le “frascate” che si alterneranno in un calendario comunque non più fitto come un tempo. A pesare sono stati tanti fattori: il crescere degli adempimenti sanitari legati alla somministrazione; le norme sulla sicurezza sempre più stringenti imposte dalla direttiva Gabrielli a partire dal 2016; e da ultimo, lo stop forzato della pandemia, al termine della quale non poche realtà associative hanno fatto i conti con la fatica di rimettere in moto macchine organizzative fondate essenzialmente sul volontariato. Nonostante ciò l’insieme delle sagre rimane anche in Lunigiana significativo in termini di serate, partecipazione e conseguente giro d’affari. Una rilevazione ufficiale di questi dati non c’è, ma sarebbe utile per capire aspetti positivi e problematici del fenomeno. Quello dei rifiuti generati, tra coperti e consumazioni non al tavolo, è uno degli argomenti più scottanti. Il tema dell’impatto ecologico delle feste estive sta affacciandosi lentamente anche dalle nostre parti.
Ad accendere la luce sull’ecocompatibilità delle sagre è stata nelle settimane scorse la Diocesi, con l’iniziativa “Sagra più sostenibile”, organizzata da Pastorale Sociale e del Lavoro, Caritas diocesana e Progetto Policoro. Cinquemila euro sarà il contributo che verrà erogato, sulla base di un apposito bando, alla sagra che presenterà il miglior progetto in termini di uso di materiali biodegradabili o compostabili, di riduzione degli sprechi alimentari e della plastica, di promozione del consumo di prodotti presenti nella lista de.co. Il bando è riservato, per questa prima edizione, alle feste organizzate dalle parrocchie che, nell’area apuana, a differenza di quella lunigianese, sono tradizionalmente molto attive in queste attività estive – si contano ancora una decina di sagre parrocchiali tra Massa, Carrara e Montignoso – ma in futuro non è escluso che venga esteso anche a feste organizzate da realtà non ecclesiali.
E in Lunigiana come viene affrontato il problema rifiuti? Dal 2022 l’Unione dei Comuni ha uniformato le regole organizzative delle sagre. Dal regolamento pubblicato sul sito dei comuni di Mulazzo e di Licciana emerge che in tutte le feste, sagre o manifestazioni con somministrazione di cibi e bevande devono essere utilizzate stoviglie, posate e bicchieri riutilizzabili dopo lavaggio effettuato mediante lavastoviglie. “Laddove non fosse possibile l’utilizzo di stoviglie lavabili e riutilizzabili – recita il regolamento, senza specificare però quali sono i casi di impossibilità – e si rendesse indispensabile l’uso di stoviglie monouso, queste dovranno essere unicamente in materiali termoplastici biodegradabili”, che è poi l’opzione preferita dalla maggioranza delle sagre. Insomma, un regolamento a maglie molto larghe che riduce il tema ecologico a dichiarazioni di principio, senza nemmeno la previsione di controlli. Anche il tema del costo di smaltimento dei rifiuti è trattato in modo generico. Se a Massa, per esempio, già nel 2014, Comune e Asmiu avevano fissato la tariffa applicata allo smaltimento dei rifiuti delle feste in 16 euro più Iva per l’affitto e lo svuotamento giornaliero di ogni cassonetto richiesto, secondo i regolamenti dei comuni di Mulazzo e di Licciana gli oneri sostenuti dal comune per lo smaltimento dei rifiuti prodotti sono imputati ai promotori della manifestazione. Con quali criteri? Quelli fissati dalla giunta comunale con apposite delibere. È plausibile che in molti comuni l’occasione d’aggregazione rappresentata da queste manifestazioni e il sostegno all’associazionismo e al volontariato che le allestiscono con lo scopo di trovare fondi per finanziare proprie attività orienti le giunte verso l’applicazione di tariffe di favore, se non addirittura nulle. La traslazione di fatto sui cittadini degli oneri di smaltimento dei rifiuti attraverso la Tari, il tributo locale che più impatta sui bilanci delle famiglie – non a caso spesso oggetto di contenzioso politico – però non sempre appare giustificato. Non tutti gli eventi sono uguali tra di loro, molti di essi generano un impatto in termini di rifiuti di entità ridotta, ma altri richiamano decine di migliaia di visitatori, movimentano volumi d’affari imponenti, richiedono un’organizzazione professionale: pensare che si possa scaricare sulla collettività i costi ambientali ed economici di queste grandi manifestazioni è quantomeno discutibile.
(Davide Tondani)