Fra la primavera del 1474 e l’autunno del 1524 vennero costruiti la nuova chiesa e il grande convento affidato poi agli Agostiniani. In quel luogo, all’imbocco del ponte di Saliceto, nel dicembre 1470, la Madonna era apparsa ad una pastorella davanti all’immagine della Annunciazione opera di un artista di strada
Quello in corso è un anno importante per la comunità della SS. Annunziata. Ricorrono infatti alcuni anniversari significativi: sono 550 gli anni trascorsi dalla decisione del Consiglio Generale della città per l’ampliamento dell’edificio religioso e la costruzione del convento (27 marzo 1474) e per l’arrivo dei frati Agostiniani (10 luglio); inoltre, in autunno, ricorreranno i 500 anni dalla consacrazione della “nuova” chiesa (16 ottobre 1524).
Almeno per cinquant’anni, quindi, quell’area ha ospitato un grande cantiere e ha visto crescere, anno dopo anno, la grande fabbrica oggi a noi così familiare.
Come noto era il mese di dicembre del 1470 quando la Madonna apparve alla giovane della famiglia Miliani di Torrano intenta a pascolare gli animali. La notizia del miracolo aveva suscitato grande clamore e provocato un crescente accorrere di fedeli, a tal punto da spingere il ricco proprietario del terreno, il medico Princivalle Villani, a costruire a proprie spese, fin dai primi mesi del 1471, una cappella per contenere l’edicola con l’affresco.
La facciata era rivolta verso il monte, aperta sull’antica strada, protetta solo da una cancellata. Nei tre anni successivi si registra come, lungo quella accidentata “via delle lame”, accorra una moltitudine di fedeli e pellegrini, a tal punto da spingere il Consiglio Generale di Pontremoli, appunto il 27 marzo 1474, ad approvare la proposta di costruire un convento e trasformare la chiesetta voluta dal Villani in un edificio più ampio così da inglobarla al suo interno.
Per la gestione del convento erano stati interpellati per primi i frati francescani già presenti a Pontremoli, che tuttavia rifiutarono. L’invito viene allora rivolto alla Congregazione degli Agostiniani riformati di Lombardia che arrivano a Pontremoli già il 10 luglio 1474, sistemandosi provvisoriamente nell’ospedale di San Lazzaro, che viene adeguato alle loro esigenze, e nell’Oratorio di San Lorenzo della Confraternita dei Disciplinati che sorgeva nell’area poi occupata dalla Villa Ceppellini.
Intanto, all’inizio di aprile del 1474, il vescovo di Brugnato, il pontremolese Bartolomeo Uggeri, aveva presieduto la celebrazione per la posa della prima pietra della chiesa.
Il cantiere della “fabbrica” utilizza due terreni distinti: nel primo, di proprietà della chiesetta di San Lazzaro, vede subito l’inizio dei lavori per la chiesa e il primo chiostro. Il secondo è occupato da una vigna di proprietà di Agostino Orsi, e viene acquistato solo al termine di una complessa trattativa, il 21 aprile 1475, per la somma di quindici ducati d’oro.
All’Annunziata la costruzione del nuovo complesso architettonico vede all’opera numerose maestranze: carpentieri, muratori, scalpellini, manovali… “Maestro in muratura” è Biagio da Firenze, ma ancor prima del suo arrivo vi lavora anche quel Martino da Lugano, “inzignero et magistero da muro”, già impegnato in altri cantieri a Borgotaro, Portovenere oltre alla stessa Pontremoli.
E sarà proprio Martino a succedere al fiorentino nella responsabilità della “fabbrica”, lui che era rappresentante di quella grande tradizione dei “maestri comacini” la cui arte era particolarmente apprezzata e diffusa in tutta l’area padana.
Per la chiesa dell’Annunziata si può forse attribuire a Biagio l’impostazione della grande navata unica che richiama stili tipici del Rinascimento toscano, mentre al gusto di Martino da Lugano sembra riconducile l’alta abside, caratterizzata dalla presenza di colonnine in arenaria su cui insistono i costoloni della volta che conferiscono un’impostazione tardogotica, in uno spazio letteralmente strappato alla roccia della collina.
Fondamentale l’impiego, nella chiesa e nel convento, della pietra arenaria macigno; è un altro abile artigiano arrivato dal nord, “maestro” Jacobo da Como, a dirigere i numerosi scalpellini impegnati nella lavorazione di centinaia di blocchi dai quali ricavare colonne e capitelli, architravi e stipiti, nicchie e marcapiani…
Blocchi provenienti da cave vicine, prima fra tutte quella aperta nel fianco settentrionale della collina di San Genesio, appena oltre il ponte. Del lavoro in questa cava era probabilmente responsabile il pontremolese Pietro Rampino della Costa. Ma anche il fiume Magra si rivelò una fonte preziosa: dai grandi sassi presenti nel suo letto, infatti, venivano estratti i blocchi dai quali ricavare i “piastroni” per gli archi del coro, delle cappelle, del chiostro etc…
I mesi che seguono non sono contraddistinti solo dal lavoro nel grande cantiere; si susseguono, infatti, numerosi provvedimenti di una certa rilevanza. Il 18 luglio 1475, il duca di Milano e signore di Pontremoli, Galeazzo Maria Sforza, concede che la fiera che dalla porta di Sommoborgo arrivava fino alla zona della chiesetta di San Lazzaro possa prolungarsi sino alla fabbrica della nuova chiesa e del convento e si svolga non più il 29 luglio, nel giorno di San Lazzaro, bensì il 15 agosto, festa dell’Assunta.
Un atto che evidenzia come parallelamente ai lavori nel cantiere e vista la moltitudine di fedeli che accorrevano davanti all’immagine, crescesse l’interesse economico di quel luogo, facendo di quell’area forse quella di maggior sviluppo di tutto il territorio. Momenti commerciali e di socializzazione che richiamano così tante persone da indurre la comunità di Pontremoli ad iniziare la costruzione di un piccolo borgo nei pressi della nuova chiesa. Nasceva così un tipico insediamento commerciale con edifici a due piani: magazzini e botteghe aperti sulla strada a piano terra, abitazioni al primo piano.
Intanto la “fabbrica” richiede continui finanziamenti: arrivano anche numerose offerte e donazioni, comprese quelle di famiglie nobili, ricche e potenti. E ci sono coloro che, come i conti Rossi di San Secondo parmense, desiderano non solo una propria cappella all’interno della chiesa (nel loro caso quella di San Nicola da Tolentino), ma anche una loggia soprastante dalla quale osservare la moltitudine che affollava l’area in occasione delle fiere o il transito quotidiano.
Mezzo secolo dopo la chiesa era ormai in buona misura completata, così come la parte del convento corrispondente al primo chiostro; il 16 ottobre 1524 avvenne la consacrazione da parte del vescovo di Brugnato, mons. Filippo Sauli.
Paolo Bissoli