Il Gabon, un paese in difficoltà che galleggia sul petrolio

Voglia di cambiamento all’origine del colpo di stato che ha deposto Ali Bongo

Il porto di Libreville, capitale del Gabon (da Wikipedia)

Annullato il risultato elettorale del 26 agosto, che aveva garantito un terzo mandato al presidente uscente Ali Bongo, e proclamata la “dissoluzione di tutte le istituzioni del Paese”, inizia nel Gabon una nuova era, segnata dalla transizione militare affidata alla giunta golpista di Brice Oligui Nguema, leader della Guardia Repubblicana.
Nel piccolo Paese dell’Africa occidentale (grande circa la metà della Francia), è tornata un po’ di calma. Ma resta l’incertezza.
Secondo le dichiarazioni di una fonte missionaria, che vuole restare anonima, alla rivista Popoli e Missione “la sola agitazione che vedo è la contentezza di molte persone in strada che desiderano il cambiamento. Qui tutto appare calmo in questo momento, in strada non ci sono violenze”.
Non ha riscosso consensi l’appello lanciato sui social da Ali Bongo, che chiedeva sostegno: le manifestazioni in atto in diverse parti del Paese sono tutte contro di lui. La parola d’ordine per i giovani gabonesi è “cambiamento”. Chiedono di potersi mantenere, mettere su famiglia e veder rispettato il voto.
I gabonesi, dice la fonte, “hanno sempre avuto rispetto per il vecchio presidente, per Omar Bongo. I problemi sono iniziati nel 2009-2010 con l’elezione di suo figlio, Ali Bongo, e con l’avanzare del declino economico”.
Il Gabon è uno dei Paesi più ricchi di petrolio al mondo; la produzione media è di 211mila barili al giorno; manca, però, la redistribuzione e non si investe in spesa pubblica. Poi ci sono manganese, ferro, spettacolari risorse naturali e parchi e il turismo potrebbe rappresentare una risorsa economica importante.
Non ci sono contrasti religiosi: “Le tre fedi, cristiana, musulmana ed animista vanno d’accordo”, spiega il missionario. Manca una risposta adeguata alla domanda di istruzione primaria, che dal 2000 è andata crescendo di pari passo con l’aumento della popolazione. Molti ragazzi vorrebbero frequentare l’università ma servono tanti soldi; così abbandonano oppure le famiglie si indebitano per farli studiare all’estero.
Il Parti Démocratique Gabonais, fondato nel 1967 da Omar Bongo, è stato al potere per 56 anni e non ha mai accettato opposizioni: “Quasi sessanta anni di un solo partito sono tanti e l’opinione pubblica voleva che ci fosse un’alternanza”.
La libertà di stampa e d’espressione era una chimera: lo hanno denunciato più volte i rappresentanti di Reporters sans Frontières, che anche durante le ultime elezioni avevano segnalato l’esclusione della stampa estera dal processo elettorale. Il ricorso al colpo di Stato è una prassi estrema e diffusa sempre di più in Africa.
“Naturalmente i colpi di Stato militari non sono la soluzione – ha dichiarato il rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell – ma non possiamo dimenticare che il Gabon ha avuto delle elezioni piene di irregolarità”.

(I.D.B. – Agensir)