Il cotonificio di Forno: le donne della “filandra”
Da sinistra: Claudia Bacci, Mirella Cocchi, Melania Sebastiani e Angela Maria Fruzzetti

La tavola rotonda moderata da Claudia Bacci all’interno dell’incontro “Mani di Donne” organizzato ad Aulla dall’associazione “Fili di Juta” ha visto i contributi di Melania Sebastiani e, in video, di Mara Cinquepalmi con le conclusioni di Mirella Cocchi (consigliera della Commissione regionale Pari Opportunità) e si è distinto l’intervento della giornalista, ricercatrice e scrittrice Angela Maria Fruzzetti sulla filanda massese di Forno.
In una realtà montana come quella del paese nell’alta valle del Frigido, l’occupazione nel cotonificio aperto sul finire dell’Ottocento faceva delle operaie una categoria di privilegiate: la loro, infatti, era spesso l’unica busta paga che entrava in casa visto lo scarso apporto del lavoro degli uomini nelle cave di marmo.

La Filanda di Forno (Massa) agli inizi del Novecento

Angela Fruzzetti ha raccontato la storia delle “filandrine” di Forno nel libro “Le donne della memoria, la memoria delle donne”: racconti che parlano di una filanda che di notte assomigliava ad un’astronave tanto era illuminata mentre tutto il resto del paese era privo di luce, ma anche e soprattutto dell’ambizione delle donne di entrare in quella fabbrica spesso con l’obiettivo di “farsi il corredo”, anzi di farsene uno più ricco così da sperare in un matrimonio migliore.
Storie di scioperi per salari più alti e giornate di lavoro più brevi, storie di immigrazione con centinaia di donne in arrivo anche da province lontane e ospitate nel “palazzo operaio”.
Una storia finita nel 1942 con la chiusura dello stabilimento poi distrutto da un incendio appiccato nel luglio 1944 da quegli stessi nazifascisti autori della strage del 13 giugno.
“Ringrazio per l’opportunità di portare all’attenzione le  testimonianze  delle ultime filatrici del cotonificio ligure di Forno – ha commentato Angela Maria Fruzzetti – Per il paese, tra fine Ottocento e gli anni Trenta, l’economia delle famiglie fu nelle mani delle donne. Le donne di Forno acquisiscono maggior sicurezza, maggior libertà di espressione. Il lavoro le rende più indipendenti segnando un’epoca di cambiamenti sociali. La ex filanda è ancora lì, nel gorgoglio della sorgente del Frigido, museo di se stessa ma in attesa di quel  miracolo che il paese attende da decenni: diventare un museo riconosciuto”.

(p. biss.)