La presentazione del libro di Pietro Leoncini che racconta la storia di questo personaggio singolare che visse a cavallo tra ‘800 e ‘900
“Giglietto. L’uomo che voleva volare” è il titolo dell’ultima opera di Pietro Leoncini che è stata presentata lo scorso 18 agosto in piazza Castello a Filattiera. Un titolo quanto mai corretto, perchè dietro a quella definizione di “uomo che voleva volare” si nasconde tutta la complessità del personaggio di Giglietto, che cercò, anche fisicamente, di volare, ma che soprattutto cercò di spiccare il volo metaforicamente, planando oltre la normalità, con la sua intelligenza, la sua fantasia, e sempre da uomo libero ed indipendente. è stata una figura decisamente singolare quella di Giglietto Pagani dei “Molon” nato e vissuto a Filattiera a cavallo tra l’800 ed il ‘900 ed ancora oggi presente nella memoria del paese, specie delle persone con qualche anno in più sulle spalle (“mi sembri Giglietto” si usa ancora dire di fronte ad azioni o parole fuori dal comune). Un personaggio che ha vissuto una vita decisamente disagiata, senza fissa dimora, spesso adattandosi a dormire in piccole spelonche in mezzo alla boscaglia, mangiando quel poco che riusciva a racimolare. Ma che allo stesso tempo aveva idee innovative, sapeva leggere e scrivere in un’epoca in cui la maggior parte della popolazione era analfabeta, e aveva una sua particolare filosofia di vita e di intendere lo stare al mondo. Dotato di una intelligenza non comune, faceva cose che la gente riteneva “strane” semplicemente perchè nessuno le aveva mai fatte prima. Come quella di fondare e scrivere, attorno alla metà degli anni ‘50, un giornale “Il giornale di Giglietto”, una pubblicazione dedicata in primo luogo all’agricoltura e spedito, in particolare, ai molti filattieresi che erano andati a vendere in pianura. E così si trovano nel giornale brevi regole per la coltura degli ortaggi, affiancata da vere e proprie massime della filosofia di vita di Giglietto “il giornale ha lo scopo di far capire – scriveva illustrando la linea editoriale – che chi lavora la terra è il più sano, il più allegro, il più vicino alla religione, a Dio, al naturalismo”. Un giornale che ospitava anche annunci di matrimonio, pubblicità e piccole notizie della vita locale del paese.
E proprio grazie alla conoscenza di quella pubblicazione è poi nata l’idea di raccontare questo singolare personaggio, come lo stesso Leoncini ha rivelato alla giornalista Maddalena Baldini nel corso della serata di presentazione del libro “tutto è nato dalla consultazione del libro di Massimo Bertozzi ‘La stampa periodica in Provincia di Massa-Carrara 1860-1970’. Inevitabilmente ho guardato se c’erano pubblicazioni di Filattiera e l’unico che ho trovato è stato appunto questo ‘Giornale di Giglietto’. Personaggio di cui avevo sentito vagamente parlare da ragazzo, e da qui è nata la molla per dare il via a tutto il mio lavoro di ricerca”. Un’opera di ricerca, quella di Leoncini, da un lato da “topo da biblioteca” con la visita e la consultazione di numerosi archivi che lo hanno portato a scoperte importanti come, ad esempio, il ritrovamento di due numeri del giornale di Giglietto (le cui pagine sono riprodotte sul libro) presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. E dall’altro da vero e proprio intervistatore-investigatore, soprattutto con il confronto diretto con le persone più anziane della popolazione che avevano ancora memoria di Giglietto.
Così è venuto a conoscenza delle tante idee innovative di Giglietto: fu il primo a Filattiera a piantare i piselli, creò un’incubatrice per le uova con delle lampadine. Il tutto unito al suo grande amore per la natura, si curava con le piante e conosceva bene i prodotti del bosco, non a caso i funghi ancora oggi a Filattiera chiamati “i funghi di Giglietto” erano considerati velenosi e invece lui consumava senza avere mai avuto alcun tipo di problema fisico. Ma anche aspetti pittoreschi e quasi esoterici, come il fatto che, con una particolare litania, faceva rizzare i peli ai gatti, suscitando lo stupore e la meraviglia dei più piccoli. Ma senza dubbio l’evento che lo ha più caratterizzato, e che è rimasto nella memoria della popolazione, è stato quello relativo al suo tentativo di volare “sa vol ia gaina a volrò anca me” (se volano le galline volerò anch’io) disse una volta. Si costruì quindi delle ali intrecciando salici e giunchi, ed inserendovi delle piume di gallina, tacchino e oca. Così attrezzato tentò il volo, come un moderno Icaro, dietro al castello di Filattiera. L’inevitabile ruzzolone che ne seguì fu per fortuna senza grosse conseguenze ma restò nell’immaginario collettivo del paese.
Durante la presentazione del libro è intervenuto anche Riccardo Boggi il quale ha evidenziato come “la società contadina di un tempo sapeva accogliere il diverso e come, a Filattiera in particolare, forse lo si riesce ancora a fare”. Di Giglietto non esiste documentazione fotografica, ed allora ci ha pensato Paolo Cereda, con le sue belle illustrazioni che arricchiscono il libro (quella di copertina è riprodotta qui a fianco), a ridare un volto ed una fisionomia a Giglietto. Un personaggio che, senza questo bel lavoro di Leoncini, si sarebbe perso nella nebbia del tempo.
(Riccardo Sordi)