Blaise Pascal: il filosofo della “scommessa” sull’esistenza di Dio

Il suo pensiero ha influenzato stabilmente la cultura europea. Dal razionalismo di Cartesio approda alla religione. Particolare è l’argomento sulla esistenza di Dio, è la sfida, la “scommessa” da affrontare senza negligenza perché mette in gioco “noi stessi e il nostro tutto”

Blaise Pascal (1623 – 1662). Da Wikipedia

Blaise Pascal nella sua breve vita di soli 39 anni ha fatto riflessioni su temi filosofici e religiosi che hanno influenzato stabilmente la cultura europea, e delinea un “tipo umano”, un “eroe” di cui ritroveremo traccia nell’opera di Dostoevskij e negli esistenzialisti del Novecento.
Muove dal razionalismo di Cartesio e approda alla religione ma in forme filosofiche e morali diverse dalla religiosità ufficiale, riedificata e rinvigorita dalla non lontana riforma e controriforma cattolica celebrata dal Concilio di Trento (1542-1563).
Si incontra con le idee di Cornelio Giansenio (1585-1568) che gli provocano una decisiva crisi religiosa. Disgustato del mondo, Giansenio vescovo di Ypres nel suo monumentale volume “Agostino” interpreta l’esistenza umana improntata al male importato nell’uomo e nella storia dal peccato originale. Pascal partecipa alla polemica dei giansenisti contro i gesuiti che praticavano il criterio lassista e permissivo del giudizio morale caso per caso secondo le situazioni, della “dissimulazione onesta”.
Pascal legato all’importante gruppo giansenista di Port-Royal, scrive Lettere provinciali impostato sulla severità morale, la coscienza dei limiti dell’uomo, l’ansia della grazia, donata o predestinata e non raggiungibile solo con le buone opere. L’opera del 1656, che voleva difendere il cristianesimo contro gli scettici e i libertini (liberi pensatori) rimase in frammenti poi pubblicati postumi col titolo Pensieri.
Come strumento di conoscenza non ritiene adeguata pienamente la ragione, che Pascal chiama èsprit de géometrie, che spiega solo alcuni e superficiali aspetti della realtà che appare (fenomeno). Per arrivare al fondo, all’essenza della realtà si impiega l’ésprit de finesse, un procedimento intuitivo per esaminare la condizione dell’uomo nell’universo ed è questo il tema fondamentale del meditare di Pascal.

La cattedrale di Clermont-Ferrand, città natale di Blaise Pascal

Proprio dalla coscienza dei limiti, della propria fragilità e precarietà l’uomo ricava infelicità , però anche la sua grandezza, è “canna che pensa”. Solo la religione interpreta in modo soddisfacente gli aspetti contradditori dell’uomo.
Nei Pensieri Pascal riflette su quanto è comprensibile con l’intelligenza, ma soprattutto si apre all’infinito, si abbandona a Dio che è amore e mistero. Particolare è l’argomento sull’esistenza di Dio, è la sfida, la “scommessa” da affrontare senza negligenza perché mette in gioco “noi stessi e il nostro tutto”. Potrebbe non esistere Dio, però la perdita sarebbe infinita e disastrosa, vincere la scommessa invece è guadagno immenso di vivere “un’infinità di vita infinitamente beata”. Netto è il disincanto riguardo alla realtà del mondo e per questo è sempre più ferma l’intransigenza nella difesa dei principi morali radicati dentro una vita vissuta da veri cristiani,con impegno continuo, totale della coscienza.
Questa piccola riflessione, che facciamo sulla vasta e profonda visione della vita maturata in Pascal, prendendo l’occasione dei quattrocento anni dalla nascita, è importante che porti anche noi del tempo cosiddetto “postmoderno” alla “scommessa” pascaliana per ritrovare un orizzonte positivo in questa nostra società precipitata in breve tempo nell’egoismo e nella dannazione di raggiungere potere e fare soldi per accumulare cose.
Per ottenerle si compiono crimini estremi: si fanno affogare i profughi, si fa mercato di corpi, si uccidono e rapiscono bambini, si allagano le terre bacino di dighe, si fa guerra tanta e moderna, quella che colpisce i civili, gli indifesi, si fa morire la nostra casa Terra.
La bellezza la poesia, il pensiero davvero hanno la forza di salvare l’umanità diventata feroce e indifferente, ma non si studiano più perché si crede che per essere persone di cultura basta schiacciare i tasti di internet.
Oltre al Vangelo incarnato nel pensiero e nelle operazioni di scienza del grande Pascal, pensiamo anche a Kant che ci educa a considerare l’uomo sempre come fine e mai come mezzo di sfruttamento e di dominio e a ritrovare la coscienza morale dentro di noi.
Speriamo che queste poche parole sulle tragiche perdite di senso e di valore in cui è precipitata la nostra società “di vita liquida”, così definita da Zygmunt Bauman, non siano intese come un predicozzo moralistico. Dobbiamo fare qualcosa, non è più sopportabile la cronaca degli orrori quotidiani.

Maria Luisa Simoncelli