

In testa il sindaco uscente col 35%, il candidato PD sfiora il 30%. Guidi lo sconfitto di questa tornata
Massa: sarà sfida tra Persiani e Ricci

Saranno quindi il sindaco uscente, Francesco Persiani, ed il candidato della coalizione di centrosinistra capitaneggiata dal Partito Democratico, Romolo Enzo Ricci, a giocarsi la poltrona di primo cittadino di Massa nel secondo turno delle elezioni amministrative che si terranno il 28 e 29 maggio.
Che sarebbe stato ballottaggio era un dato quasi scontato. Nessuno dei candidati del capoluogo sembrava, sin dalla vigilia, avere la forza per varcare la soglia del 50%. Tutto questo anche per la grande frammentazione, con otto candidati sindaci, e le abituali coalizioni di centrodestra e centrosinistra che si presentavano divise con Lega e Forza Italia ad appoggiare Persiani, Fratelli d’Italia a sostegno dell’assessore uscente, Marco Guidi, PD e Verdi con Ricci e Movimento 5 Stelle ad appoggiare Daniela Bennati.
Ma se la necessità del secondo turno sembrava un dato acquisito, ben diverso era capire quali sarebbero stati i due candidati a dare vita al duello decisivo. Se Ricci era senza dubbio il nome più facilmente pronosticabile nell’ambito del centrosinistra, più, sulla carta, incerto poteva sembrare invece il candidato che sarebbe potuto emergere tra Persiani e Guidi. Ed invece gli elettori massesi questo dubbio non lo hanno avuto, premiando in maniera significativa il sindaco uscente che è risultato il più votato di questo primo turno (35,4%) davanti a Ricci (29,9%) con Guidi, fermo al 19,9%, che rappresenta il grande sconfitto di questa tornata elettorale.
Un grosso successo personale per il sindaco uscente (lo testimonia il fatto che la lista Civica che porta il suo nome “Persiani sindaco” con il 14% dei voti è la seconda più votata dietro solo al Partito Democratico, 16,7%) anche se, ovviamente, questo non è garanzia di successo al ballottaggio. Lo può confermare lo stesso Persiani che, cinque anni fa, dietro di cinque punti rispetto al candidato Alessandro Volpi riuscì a ribaltare la situazione al secondo turno. È chiaro che da un punto di vista prettamente matematico, sommando il 35% dei voti ottenuti da Persiani al circa 20% del consigliere provinciale di FdI si andrebbe a quota 55% con la certezza di confermarsi alla guida del comune. Ma i voti raccolti da Guidi, anche per la modalità della frattura del centrodestra che ha portato al commissariamento del Comune, non è così scontato che possano poi concentrarsi su Persiani. Sicuramente, a meno di clamorosi sviluppi nei prossimi giorni, non ci saranno apparentamenti ufficiali.
Niente apparentamenti anche per Ricci, anche perché visto il poco peso degli altri candidati rischia di essere controproducente. E in quest’ottica non si può che notare la debacle del M5S con la sua candidata ferma al 5,4% e con la lista che ha ottenuto il 2,7%. Andando ai dati dell’affluenza si è recato a votare il 60,3% degli aventi diritto, 122 le schede bianche e 802 le nulle. (r.s.)
Il più popoloso centro della valle del Magra sceglie la continuità e premia, sin dal primo turno con il 53,86%, la giunta uscente di centrodestra
Sarzana conferma sindaca Cristina Ponzanelli

Molti osservatori lo avevano previsto già settimane prima del voto e non hanno sbagliato: a Cristina Ponzanelli, sindaca uscente della coalizione di destra, è bastato il primo turno per essere riconfermata prima cittadina di Sarzana.
Con una percentuale di affluenza alle urne pari al 64,4% dei 18.453 aventi diritto al voto, l’avvocatessa quarantasettenne ha riconquistato la fascia tricolore con il 53,9% delle preferenze. Il candidato di centrosinistra, Renzo Guccinelli, si è fermato al 36,8%. Federica Giorgi (M5S e Sinistra per Sarzana) con il 5,9 e Matteo Bellegoni (PCI) con il 3,5% completano il quadro di un’elezione a suo modo storica. Se, infatti, la caduta della “roccaforte rossa” del 2018 poteva essere interpretata come una amara parentesi nella mai interrotta storia delle amministrazioni di sinistra sarzanesi, la riconferma della giunta di destra di domenica scorsa sancisce la fine definitiva dell’egemonia di sinistra sulla cittadina della leggendaria cacciata delle bande fasciste del luglio 1921, della Brigata partigiana Muccini e del suo commissario politico Paolo Ranieri, indiscusso sindaco dal 1946 al 1971.
Un elettorato oramai deideologizzato ha dunque scelto la continuità di una giunta di destra che, nonostante i tanti problemi irrisolti, come la crisi del commercio o il depauperamento dell’ospedale cittadino deciso dalla Regione, non è stata protagonista di scandali o di mancanze amministrative tali da offrire un’immagine fallimentare del suo operato. Al contrario, nella seconda parte di mandato alcuni risultati, come il cantiere in avanzamento delle nuove scuole Primaria e Media del capoluogo, eventi culturali di rilievo (Banksy e in queste settimane Picasso), il recupero ad opera di privati della Colonia Olivetti di Marinella, hanno rafforzato l’immagine di una giunta che ha potuto godere del costante sostegno amministrativo, politico e finanziario di Regione Liguria, certificato dalla costante presenza di Giovanni Toti alle inaugurazioni e agli annunci della sindaca, a conferma dell’interesse strategico che il leader di Noi moderati assegna alla città più importante della Val di Magra.

Un’opposizione disorientata dalla sconfitta del 2018, percorsa da profonde fratture interne, raramente incisiva nel suo ruolo di minoranza, si è presentata al voto – nonostante l’inascoltato appello di 200 giovani di area centrosinistra per un rinnovamento che vedesse le nuove generazioni protagoniste – ricandidando a sindaco il settantenne Guccinelli, una vita in politica, sindaco Pds/Ds dal 1994 al 2005. Uscito dal PD nel 2020 in dissenso con l’accordo regionale con i 5 Stelle, lo scorso autunno è stato imposto come candidato da Azione/Italia Viva (che al voto comunale ha raccolto il 2,8%) ed accettato passivamente dalla maggioranza del direttivo dei democratici sarzanesi.
Il profilo di sindaco indiscutibilmente capace, primo cittadino nel momento di massimo “splendore” di Sarzana, non è evidentemente bastato a risollevare le sorti di un centrosinistra che in Liguria, dalla prima elezione di Toti nel 2015, non ha mai accettato di fare i conti con gli errori del passato e con le critiche piovute sulle giunte regionali di Burlando, di cui Guccinelli, dopo l’esperienza di sindaco, è stato assessore per un decennio. Nei prossimi cinque anni Ponzanelli dovrà gestire i cantieri appena aperti, come il nuovo ponte sul Calcandola e il recupero delle ex scuole di via XXI luglio, e portare a termine la complicatissima partita del piano di rigenerazione di Marinella e del rilancio produttivo dell’adiacente tenuta agricola da anni in fase di liquidazione. Soprattutto, dovrà difendere il San Bartolomeo, l’ospedale cittadino, dal già avanzato depotenziamento e dai piani di affidamento della gestione ai privati che la Regione ha già attuato in alcuni piccoli nosocomi della Liguria: una battaglia in cui la rieletta sindaca non potrà avere, come in altre iniziative, Toti al suo fianco. (d.t.)