Dalle urne delle primarie aperte a tutti è uscito a sorpresa il nome della giovane deputata
Dire che l’elezione di Elly Schlein a segretaria del Partito democratico è stata una sorpresa probabilmente non rende del tutto l’idea della rivoluzione che tale fatto potrebbe portare all’interno di quel partito. Già si sono utilizzati (quasi) tutti i luoghi comuni su di uno Stefano Bonaccini entrato “papa” e uscito “cardinale” dalle primarie.
Un Bonaccini che, nelle settimane scorse, faceva fatica a contenere l’espressione di sicurezza di poter succedere a Letta. D’altronde, non aveva tutti i torti perché nei congressi di circolo di inizio febbraio aveva ottenuto risultati più che confortanti: 52,87%, contro il 34,88% di Schlein. E invece la “valanga rosa”, rappresentata da una candidata nata (1985) e cresciuta in Svizzera, bolognese d’adozione, entrata, uscita e rientrata nel Pd per convergenze e divergenze varie, ha trovato una consistenza tale da travolgere (il termine non è esagerato) tutte le previsioni. La conferma che, di questi tempi, quando gli italiani decidono di cambiare i cavalli, lo fanno in un modo che non lascia adito a discussioni.
È così che Elly Schlein ha ottenuto il 53,75% (587.010 voti reali) dei consensi di coloro che si sono fatti coinvolgere dalla sfida pur non essendo iscritti al partito, lasciando a Bonaccini il 46,25% (505.032 voti). Al primo sono andate 8 regioni contro le 12 di Schlein (oltre ai voti dall’estero), più città come Napoli, Milano e la stessa Bologna di Bonaccini.
Definiti i risultati, si apre la partita che vedrà impegnata la nuova segretaria nel dimostrare di essere capace di raccogliere consensi anche nei confronti degli avversari e della maggioranza di governo in particolare. Ci troviamo di fronte, quindi, ad un inedito duello tra due leader donna, fatto mai accaduto fino ad oggi nel nostro Paese.
Complimenti al vetriolo da parte di Giorgia Meloni: “Ovviamente mi aspetto un’opposizione durissima… Ho sentito Schlein dire che lei e il Pd saranno un problema per il Governo Meloni. Per noi la democrazia non è mai stata un problema. Semmai lo è stata per la sinistra”. E proprio nella capacità di organizzare una opposizione credibile e allettante (al fine di recuperare consensi) alla maggioranza di governo guidata dalla destra, Elly Schlein dovrà spendere le prime energie.
Senza dimenticare il problema dello schieramento di opposizioni divise in modo netto. Soprattutto, non potrà esimersi da un rinnovato confronto con un M5s che Conte ha portato a distanza di anni luce dalla galassia Pd. Un fattore a vantaggio della neo segretaria potrebbe essere il fatto che il primo appuntamento elettorale di rilievo sarà rappresentato dalle Europee del 2024, dove il sistema proporzionale può permettere ai partiti di correre da soli e misurare, in tal modo, le proprie forze.
Ma è fuori discussione che una qualche forma di collaborazione dovrà essere trovata. Collaborazione che si annuncia molto difficile, se non impossibile, con quello che qualcuno, ostinatamente, continua a definire “terzo polo”. Qui, invece di parlare di accordi, si dovrebbe, piuttosto, parlare di attesa, da parte di Renzi e di Calenda, per il verificarsi di un’auspicata (dagli stessi) implosione del Pd, con esodi biblici da parte dei centristi di quel partito (in pratica, cattolici ed ex democristiani) verso un centro libero dalle sirene della sinistra e, magari, con un occhio strabico che guarda a destra.
Questa, alla fin fine, potrebbe essere la prima vera prova d’esame per Schlein: tenere insieme un partito che da sempre è segnato da tensioni e voglia di strappi che, nel corso degli anni, ne hanno cambiato la fisionomia, fino a renderlo poco appetibile, per diversi e opposti motivi, al suo bacino elettorale di riferimento. Dalle prime mosse della segretaria si potrà capire quale sarà la strada che si intende seguire.
a.r.