Di recente ha scritto: “basta con i Promessi Sposi a scuola perché non si deve dare ai giovani il messaggio che quello che conta nella storia lo fa la Provvidenza”

“Siamo stati anche educati malissimo. Io sono del parere, per esempio, che bisogna far smettere di leggere ai ragazzi i Promessi Sposi. Ve lo dico sinceramente. Perché, cosa succede? È un romanzo bellissimo, scritto in una maniera folgorante, una grande letteratura, ma non puoi dare a un ragazzo, a un ginnasiale, il messaggio che quello che conta nella storia lo fa la Provvidenza e tu non conti un tubo.
Ma che discorsi sono questi? Tu conti nella misura in cui agisci nel mondo e nella storia! Ecco, questo messaggio che c’è comunque un disegno superiore che risolve tutti i problemi, ma non c’è questo disegno: o ti dai da fare o ti dai da fare! Io ho chiamato nichilisti attivi quei ragazzi, che sono splendidi, perché lo toccano tutti i giorni e fanno fatica a smentirlo, però si danno da fare, anche perché il futuro è biologicamente loro, il futuro gli compete per biologia. A me non compete il futuro, a loro sì. Ecco, allora ci devono credere, con la forza della biologia.”
Così si è espresso alcune settimane fa il prof. Umberto Galimberti, filosofo, accademico e psicoanalista. Frasi che suscitano intanto una prima considerazione: mi procura una certa tristezza una vita dominata dalla forza della biologia. C’è posto per i deboli? E un nichilismo attivo che risposte dà al tema della morte?
Veniamo all’interpretazione del testo de I Promessi Sposi. Siamo sicuri che Galimberti abbia colto e quindi capito il senso del romanzo di quel Cattolico all’avanguardia che era Alessandro Manzoni? Io credo di no! Credo invece che la sua lettura sia parziale e fondamentalmente tanto fatalista e pessimista circa le possibilità dell’uomo, da risultare non più cattolica. Neanche il peggior Lutero l’avrebbe sottoscritta perché mancante dell’essenziale: la fede in un orizzonte trascendente. Manzoni era cattolico e non era certo quel tipo di cattolico fatalista o fideista che l’analisi di Galimberti presuppone; era invece un Cattolico molto attento anche agli errori della Chiesa del suo tempo che denunciava, ma non transigeva sul principio trascendente che la sosteneva.
I Promessi Sposi sono un inno al fatalismo? No. Sono un inno all’impegno, all’interno di valori universali e condivisi, che alla fine trovano la loro realizzazione. Non c’è messaggio educativo più bello, più vigoroso ed essenziale. Non c’è antidoto migliore alla rassegnazione e alla disperazione.
Non è un caso il fatto che fosse contemporaneo di Antonio Rosmini, che annoverava nel suo “Le cinque piaghe della Chiesa” la piaga della compromissione con il potere. Questa compromissione incarnata magistralmente da Manzoni nella figura di Don Abbondio. E allora come stanno le cose nella tradizione cristiana dove la libertà è esperienza di Grazia, sempre minacciata dal peccato, viene sperimentata all’interno di un percorso di fede? Questa apparente opposizione tra libertà dell’uomo e Grazia di Dio (Provvidenza) è già stata risolta da un certo Agostino di Ippona. Agostino supera i limiti del manicheismo, che nega l’esistenza della libertà, e del pelagianesimo che nega la necessità della Grazia. Galimberti potrebbe essere accostato per Agostino ai pelagiani con rispetto per il suo professarsi ateo. L’uomo è libero ma sperimenta anche la mancanza di libertà di scelta. Diventa quello che sceglie ma vive anche il dramma di essere schiacciato da quello che ha scelto. Se non è libero dalle libertà che sceglie egli è semplicemente schiavo della libertà stessa (E. Mounier: “Il Personalismo”).
Perché senza Verità non può esservi libertà. E cosa è la libertà che scaturisce dalla verità se non il più potente antidoto alla manipolazione? Per Galimberti invece Renzo e Lucia dovrebbero essere semplicemente e biologicamente artefici del loro destino. C’è una parte di verità nel discorso di Galimberti, ossia la parte che si può recuperare del pelagianesimo, che è possibile risollevarsi con l’aiuto della Grazia in opposizione alla posizione di Lutero che nega la fattiva partecipazione dell’Uomo alla sua salvezza. Renzo e Lucia si danno da fare, cercano di sposarsi, non abbandonano il loro amore, resistono al mondo e alle sue logiche e con loro altri personaggi animati dalla stessa fede. Ma c’è una parte che Galimberti non vede e che farebbe superare la visione fideistica di Dio e immergerebbe l’uomo nella relazione salvifica: l’uomo sperimenta le forze contrarie alla sua realizzazione, sperimenta il peccato che è nella Storia e nelle storie personali e che non può essere superato solo con la propria volontà. Ed è questo appunto il cuore del romanzo. Renzo e Lucia si amano di un amore puro e libero, ma forze avverse lo contrastano. Queste forze avverse sono il peccato di tanti, l’egoismo, la volontà di potenza dell’uomo sulla donna. Manzoni ci mette in guardia anche della possibilità che questo peccato trovi la sua realizzazione in una rassegnata “scelta” religiosa. Ma proprio perché vi sono persone che non si rassegnano, credono, amano e sono sostenute da una dimensione trascendente ecco che nella Storia e nelle storie il miracolo dell’amore si può realizzare. I Promessi Sposi sono un inno al fatalismo? No. Sono un inno all’impegno, all’interno di valori universali e condivisi, che alla fine trovano la loro realizzazione. Non c’è messaggio educativo più bello, più vigoroso ed essenziale. Non c’è antidoto alla rassegnazione e alla disperazione migliore. Le vite dei giovani posso sbocciare in una libertà che fa i conti con la Storia e con le loro storie. È un messaggio bellissimo in questi tempi di rassegnazione dove il potere e il potere del denaro sembrano l’unico strumento capace di dare un’orizzonte di senso alla vita. Quale messaggio vogliamo dare ai giovani? Il messaggio frutto della rassegnazione e del cinismo del mondo adulto? Diciamo spesso che l’uomo di oggi ha perduto i valori, ha perduto l’orientamento, sta perdendo la sua umanità. Il romanzo di Manzoni dà una risposta: è perché stiamo perdendo la dimensione trascendente dell’esistenza.
Stefano Gaffi