Torneranno i padri?

Domenica 15 maggio – V di Pasqua
(At 14,21-27 – Ap 21,1-5 – Gv 13,31-35)

“Ora il figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui”, dice questo il Signore, lo dice nell’attimo esatto in cui Giuda abbandona, in cui un figlio tradisce, in cui una porta chiude fuori il calore di un incontro, e io capisco, in quel momento, cosa significa diventare padri, capisco chiaramente quando un figlio oltre che a rimanere figlio assume profilo di paternità. Da come reagisce allo sbattere di una porta.
Si diventa padri glorificando, nonostante tutto, glorificando la vita. Dando gloria alla vita, rinunciando a tradire i figli, pagando il caro prezzo della solitudine e della morte. Come fa Gesù con Giuda.
Si diventa padri, davvero padri, riconoscendo che Giuda non è un traditore ma solo un figlio abitato dall’errore, temporaneamente attraversato, non per sempre. E che i veri traditori siamo noi ogni volta che non troviamo coraggio di glorificare la vita nonostante la vita.
Glorificare, dare gloria al mistero anche quando la vita stessa si chiude fuori e si lascia mangiare dal buio.
Glorificare, guardando con compassione e misericordia i figli, amando e perfino ringraziando per il coraggio dimostrato da chi osa tradirci, perché ha imparato a decidere. Arrivare a sperare che possa aver imparato anche da noi.
Glorificare è amare comunque, e chi ama abitando con dolorosa grazia quel “comunque” è già diventato padre, buon padre.
Il padre si manifesta nel figlio. Il figlio mostra il padre. Divina e umanissima reciproca appartenenza.

don Alessandro Deho’