Lo studio di due sociologi: Lorenzo Benadusi e Orazio Giancola
Il processo educativo e formativo rimane un tassello importante per la qualità della vita presente dei giovani e una pietra angolare per il loro futuro. Ma non tutti affrontano un percorso semplice, lineare e arricchente.
Ci sono segnali che mostrano le difficoltà di una proposta coinvolgente. Innanzitutto la dispersione scolastica che non si riesce a sconfiggere e che, dopo un periodo di riduzione, torna a diventare un problema: le statistiche fissano al 13,1% la porzione degli under 16 che non hanno concluso il loro ciclo di istruzione. Essa si somma al 9,5% di neo diplomati che, secondo l’Invalsi, è riuscito a ottenere il titolo di studio ma non ha raggiunto un livello minimo di competenze.
Sono dunque più del 20% gli adolescenti italiani con uno scarso livello di istruzione. Quando un ragazzo interrompe gli studi è un insuccesso sociale non solo personale o familiare, figuriamoci quando a lasciare sono decine di migliaia.
La scuola non riesce più a essere per tutti un soggetto di promozione sociale; le ragioni sono differenti e riguardano anche i cambiamenti che sono intervenuti nella società a partire dalla debolezza della rete educativa nelle comunità locali.
Alla scuola era affidato il compito di trasmettere le competenze hard (far di conto, scrivere, le nozioni di storia, geografia e così via), mentre famiglie, parrocchie, centri sportivi trasmettevano quelle soft (la sapienza popolare, il giudizio e l’opportunità di alcune scelte, la capacità di relazionarsi…).
Questa divisione dei compiti è scomparsa: alla scuola è chiesto di trasmettere le competenze soft che servono per vivere, ma anche di rimanere neutra rispetto alle scelte (ovviamente rivedibili) che quelle competenze richiedono per essere acquisite.
Così gli studenti si dividono soprattutto in due macro categorie: quelli seguiti dalle famiglie e quelli che dalle famiglie non sono seguiti. I secondi incontrano più facilmente gli insuccessi scolastici all’inizio del loro percorso. Poi tra i primi ci sono quelli con famiglie ricche di risorse e famiglie che risorse non ne hanno o ne hanno poche. Questi ultimi avranno più difficoltà durante il loro itinerario formativo.
Due sociologi, Lorenzo Benadusi e Orazio Giancola, in uno studio pubblicato su “Equità e merito nella scuola. Teorie, indagini empiriche, politiche” sottolineano come la scuola oggi rischi di riprodurre (o incrementare) le disuguaglianze esistenti nella società. Per contrastare l’abbandono e la “sotto-istruzione” indicano la via di una riforma che riduca le difficoltà che i ragazzi incontrano in due momenti: il passaggio dalle elementari alle medie e la scelta di uno dei percorsi delle superiori.
Sarebbe, secondo loro, utile un modello di scuola comprensivo che mantenga una maggiore unità tra elementari e medie e riduca la differenziazione nel primo biennio per l’istruzione superiore, in modo da portare gli studenti a scegliere un percorso intorno ai 16 anni e non ai 14 quando l’indirizzo è orientato soprattutto dai genitori.
Andrea Casavecchia – SIR