Scuola sotto esame in vista della riapertura

I contrasti di opinioni sui rischi inducono il governo a spostare il rientro in aula delle superiori

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’apertura dell’anno scolastico il 14 settembre scorso
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’apertura dell’anno scolastico il 14 settembre scorso

Da diverse settimane continuano ad essere diffusi i più diversi annunci sulla ripresa dell’attività scolastica in presenza alle superiori: si apre, si chiude, si apre prima di Natale, no tutto è rinviato a dopo, con la data del 7 gennaio che risultava essere la più gettonata, anzi, ufficialmente fissata per poi essere spostata all’11 dello stesso mese. Questo sembra segnalare, a parte le indecisioni di troppo, anche una ritrovata, nuova centralità della scuola nel Paese.
Tutti o quasi la vorrebbero aperta e per varie ragioni di carattere pedagogico-didattico, economico, politico; ma anche per legittimi interessi: a chi si lasciano i figli mentre si va a lavorare? Riaprire la scuola è vitale e, a parte ogni altra considerazione, è una decisione ben presa nell’interesse degli studenti, che dovrebbero vivere attivamente e in presenza quella che è l’esperienza formativa più importante della loro vita.
Da un giorno all’altro, infatti, insegnanti e studenti si sono ritrovati a fare i conti con la didattica a distanza (Dad) che, al di là di indiscutibili meriti, ha evidenziato difficoltà da parte degli studenti nel trovare la giusta concentrazione e nel tenere comportamenti responsabili e limiti per quanto riguarda le spiegazioni e soprattutto le verifiche.

La ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina
La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina

Una ricerca della Fondazione “Carolina” di Milano, intitolata così in ricordo di una ragazza che nel 2013 si tolse la vita per essere stata insultata sui social, ha messo in evidenza come le lezioni tramite computer abbiano favorito comportamenti poco responsabili al limite, a volte valicato, del reato. A farne le spese sono stati anche gli insegnanti, in alcuni casi divenuti oggetto di “scherzi” pesanti diffusi nelle chat.
Il Governo è giunto alla nuova data per la riapertura dopo le proteste degli studenti, che spingevano in tal senso, e, più di recente, i distinguo dei presidi, di alcuni sindacati e di alcune Regioni che invece hanno espresso dubbi su di una riapertura uniforme su tutto il territorio nazionale.
Dunque dovremmo esserci (il condizionale è davvero d’obbligo): gli studenti delle superiori torneranno sui banchi “non prima” dell’11 gennaio con turni che prevedono una rotazione del 50% degli alunni -; Infanzia, Elementari e Medie “possono” riaprire già a partire dal 7. L’organizzazione del rientro è affidata ai tavoli di concertazione provinciali dei quali fanno parte il prefetto e rappresentanti degli enti locali, della scuola, dei trasporti (su quanto si sta disponendo in Lunigiana e in Provincia si danno notizie nelle pagine di cronaca) perché, come è stato più volte detto, sarebbe impossibile determinare da Roma, per le varie zone d’Italia, orari di ingresso e di uscita e servizi di trasporto dei quali sono responsabili le Regioni.
Proprio queste ultime hanno sostenuto la necessità di scaglionare la data di inizio delle lezioni in presenza in base alle situazioni locali; in tal modo il via libera dato dal Governo al rientro in aula dall’11 gennaio, risulta essere una possibilità, non un obbligo. Alcune regioni, tra queste la Sardegna, il Friuli, le Marche e il Veneto, prospettano il rientro tra i banchi distribuito in un periodo di tempo che va da quella data alla fine di gennaio. La Toscana si appresta a riaprire le superiori l’11 e gli altri ordini di scuole il 7. Inutile e impossibile fare un elenco dettagliato.

L'ingresso a scuola di alcuni studenti delle Superiori
L’ingresso a scuola di alcuni studenti delle Superiori

Abbiamo riscontrato, si diceva, un rinnovato interesse per la scuola, che fino a un po’ di tempo fa non si coglieva nei programmi di governo, perché, almeno in passato, insegnare sembrava attività riservata alle donne e a questo si aggiungevano non pochi pregiudizi per alcuni ancora attuali e cioè che chi insegna lavora mezza giornata e poi ha tanto tempo libero. Insomma, la percezione sociale del mestiere di docente non ha aiutato gli amministratori ad assumere provvedimenti tali da nobilitare, valorizzare, indicare come insostituibile questa professione.
Se poi tutto questo interesse nei confronti della scuola porterà con sé i necessari cambiamenti in meglio, lo si vedrà presto; nel caso in cui ci si limitasse ad aprire semplicemente le aule lasciando tutto come prima, è facile immaginare che ritorneranno i numerosi problemi del passato, oltre al rischio di una nuova, deleteria chiusura.
Dunque si organizzino bene gli accessi e il trasporto scolastico, si impongano regole di comportamento ferree all’interno degli istituti, si stabiliscano le necessarie collaborazioni con le famiglie, con gli enti locali e con gli operatori commerciali: solo così si potrà avere la riapertura in sicurezza delle scuole. Si potrà in tal modo restituire alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi il diritto alla “loro scuola”, quella che hanno conosciuto e in fondo amato nonostante delusioni, incomprensioni, fallimenti.
A questo tempo ritorneranno, come avviene per tutti, una volta adulti e non sarà mai che quel ritorno debba essere soltanto nel ricordo di fredde immagini, talvolta sfuocate, e suoni metallici provenienti dagli altoparlanti di tablet e computer.

Fabrizio Rosi