
Papa Francesco in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la custodia e la cura del creato

Ogni anno, particolarmente dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato si’ il primo giorno di settembre segna per la Chiesa la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, con la quale inizia il Tempo del Creato, che si conclude il 4 ottobre. Nel messaggio inviato in questa occasione, Papa Francesco chiede una giustizia riparativa, la cancellazione del debito dei Paesi poveri in seguito alle crisi connesse alla pandemia da Covid-19 e, infine, protezione per le comunità indigene dagli interessi e dal “nuovo tipo di colonialismo” delle multinazionali. Cinque i punti su cui il testo è incentrato: ricordare, ritornare, riposare, riparare e rallegrarsi. In apertura il Papa richiama l’esigenza di riconoscere la situazione attuale: “La disintegrazione della biodiversità, il vertiginoso aumento dei disastri climatici, il diseguale impatto della pandemia in atto sui più poveri e fragili sono campanelli d’allarme di fronte all’avidità sfrenata dei consumi”.
Quindi, l’incoraggiamento a “ritornare ad ascoltare la terra”. Francesco indica come modello “i fratelli e le sorelle indigeni”, che “vivono in armonia con la terra e con le sue molteplici forme di vita”. La consapevolezza di fondo è che “oggi, i nostri stili di vita spingono il pianeta oltre i suoi limiti… La continua domanda di crescita e l’incessante ciclo della produzione e dei consumi stanno estenuando l’ambiente… Le foreste si dissolvono, il suolo è eroso, i campi spariscono, i deserti avanzano, i mari diventano acidi e le tempeste si intensificano: la creazione geme!”. Il Pontefice constata anche che “ci occorre oggi trovare stili equi e sostenibili di vita, che restituiscano alla Terra il riposo che le spetta, vie di sostentamento sufficienti per tutti, senza distruggere gli ecosistemi che ci mantengono”.
Richiamando l’esperienza dell’attuale pandemia, Papa Francesco evidenzia che “ci ha portati in qualche modo a riscoprire stili di vita più semplici e sostenibili… È stato possibile constatare come la Terra riesca a recuperare se le permettiamo di riposare: l’aria è diventata più pulita, le acque più trasparenti, le specie animali sono ritornate in molti luoghi dai quali erano scomparse”. Nelle parole di Francesco l’esortazione a “sfruttare questo momento decisivo per porre termine ad attività e finalità superflue e distruttive, e coltivare valori, legami e progetti generativi”.
“Dobbiamo esaminare le nostre abitudini nell’uso dell’energia, nei consumi, nei trasporti e nell’alimentazione. Dobbiamo togliere dalle nostre economie aspetti non essenziali e nocivi, e dare vita a modalità fruttuose di commercio, produzione e trasporto dei beni”. Francesco ricorda “la storia di sfruttamento del Sud del pianeta”, che “ha provocato un enorme debito ecologico, dovuto principalmente al depredamento delle risorse e all’uso eccessivo dello spazio ambientale comune per lo smaltimento dei rifiuti”. Una condizione che impone adesso “una giustizia riparativa”.
Tanto che il Papa lancia un appello:“Cancellare il debito dei Paesi più fragili alla luce dei gravi impatti delle crisi sanitarie, sociali ed economiche che devono affrontare a seguito del Covid-19”. Due gli appuntamenti da non mancare: il prossimo summit sul clima di Glasgow, nel Regno Unito (Cop 26) e il summit sulla biodiversità (Cop 15) di Kunming, in Cina. In questa prospettiva, il Pontefice chiede di “fare tutto il possibile per limitare la crescita della temperatura media globale sotto la soglia di 1,5 gradi centigradi, come sancito nell’Accordo di Parigi sul clima”, promuovendo “una solidarietà intra-generazionale e inter-generazionale”. E, poi, l’adozione di “traguardi nazionali più ambiziosi per ridurre le emissioni”.
L’ultimo punto del messaggio è una richiesta di aiuto e protezione per le comunità indigene da compagnie, in particolare multinazionali, che, “attraverso la deleteria estrazione di combustibili fossili, minerali, legname e prodotti agroindustriali, fanno nei Paesi meno sviluppati ciò che non possono fare nei Paesi che apportano loro capitale”.
Giovanni Barbieri