Una riflessione sul passato evidenzia il modo costante di rapportarsi: dalle teorie del complotto alla ricerca dei colpevoli
Sono stati tanti gli accenni a I promessi sposi sui giornali e nei salotti tv nella narrazione della pandemia provocata dal coronavirus. I capitoli sulla carestia e sulla grande peste del 1630 in Lombardia sono quasi una simmetria riflettente a specchio. La carestia che provocò a Milano il saccheggio e l’incendio di forni si arrivò a dire che fosse un complotto per far morire la gente perché “siamo troppi”.
Le cause della fame e della peste erano ben altre, il contagio fece strage su corpi indeboliti e contaminati da un “paziente zero”. Allora niente si sapeva di virus e batteri. Per placare la rabbia e la paura sempre si va a cercare un nemico responsabile dei mali: nella peste nera del 1348 furono gli ebrei, nel Seicento gli untori, “gente congiurata a sparger la peste per mezzo di veleni contagiosi”.
Nella terza stesura del romanzo in appendice è pubblicata la Storia della colonna infame: la forza dell’aggettivo “infame”dice tutta la denuncia morale del Manzoni contro la credulità popolare ma anche dei “sapienti ” che fecero strazio della verità e dopo supplizi atroci fecero condannare a morte come untori gli innocenti Guglielmo Piazza, Giangiacomo Mora e Gaspare Migliavacca e fecero pure erigere una colonna che fosse ricordo dell’eseguita sentenza.
Il cattolico Manzoni, sdegnato di tanto tragico errore, si trova “ad esitare tra due bestemmie, che son due deliri: negar la Provvidenza, o accusarla”. Sulla pandemia da covid-19 abbiamo conoscenze e strumenti per studiare scientificamente il virus, eppure abbiamo sentito dire strumentalmente da un potente presidente – ma anche fra di noi qualcuno se ne dice convinto – che il coronavirus non ha cause naturali favorite dall’inquinamento planetario, ma è stato prodotto in laboratorio in Cina.
Sono oggettive le responsabilità di mancato tempestivo allarme del pericolo inedito, senza avere vaccini e terapie, si può capire un’iniziale confusione, il non voler credere al vero e ritenere la malattia una stagionale cattiva influenza o un banale raffreddore.
Ma i governi centrali e locali in Italia hanno creduto alla verità scientifica e continuano a provvedere ai bisogni, si sono assunti responsabilità gravose. Il sistema sanitario pubblico ha retto bene all’eccezionale prova. I cittadini l’hanno capito, al di fuori delle risorgenti polemiche strumentali e insopportabili, hanno seguito le regole e accettato grossi sacrifici.
Invece nel romanzo manzoniano lo Stato è assente o inconcludente e a provvedere ai bisogni è solo la carità privata, i Cappuccini organizzano il lazzaretto, curano e danno conforto, muoiono; nella pandemia in corso tanta è la solidarietà e magnifiche sono le capacità professionali e di grande umanità del personale sanitario. Manzoni presenta il grande zelo di carità e di preghiera del cardinal Federigo, noi incontriamo ogni giorno l’aiuto ai bisogni di papa Francesco, la sua grande saggezza e buon senso nel proporre consigli e conforto.
Più saggio del cardinal Federigo che permise una processione per supplicare la fine del contagio che invece aumentò, ci ha toccato profondamente vederlo solo, stanco e a piedi farsi pellegrino orante. (m.l.s.)