I messaggi del virus

13virusIn questi giorni di confino coatto si sono moltiplicati gli scambi di messaggi di varia natura: alcuni demenziali, altri per certi versi interessanti e forse utili. Fra questi ultimi ne ho ricevuto uno che mi ha offerto una visione diversa del coronavirus e degli effetti che sta producendo. Non, ovviamente, quelli legati alla malattia e purtroppo alla morte – che sono tragici e sui quali non si deve scherzare – ma effetti che forse, quando tutto questo sarà finito, potranno lasciarci anche alcune conseguenze positive.
Mi riferisco alla bella riflessione della psicologa Francesca Morelli – “Ecco che cosa ci sta spiegando il virus” – che riguarda quelli che potremo definire i messaggi del Covid-19. “Credo che il cosmo abbia il suo modo di riequilibrare le cose e le sue leggi, quando queste vengono stravolte. Il momento che stiamo vivendo, fa pensare…”.
Prosegue poi affermando che il virus opera una trasformazione impensabile fino a poco tempo fa.
Siamo ora noi i discriminati, quelli che si vedono chiudere le porte in faccia, quelli del contagio, della trasmissione della malattia, noi, gli occidentali, in particolare fino all’altro ieri noi italiani: siamo guardati con sospetto, per noi diventa impossibile l’attracco, non ci sono ‘porti’ che ci vogliano accogliere.
A noi che abbiamo fatto del profitto ad ogni costo, della frenesia e del consumo del tempo nel versante del denaro la nostra principale attività, perdendo senso e valore del tempo stesso; ora ci vengono imposti il blocco, la sospensione, la fermata.
La riflessione della Morelli continua sottolineando come il virus ci costringa ‘a rifare famiglia’ perché le scuole chiuse impongono una riorganizzazione della vita familiare e ‘rimettono insieme’ genitori e figli. E quando il virus ci impone di escludere i contatti veri, quelli fatti di abbracci, strette di mano, baci, costringendoci alla distanza, cogliamo il vero significato di quei gesti e sentiamo che in fondo le relazioni, la socialità, la comunicazione non passano dai network.
E che dire del nostro egoismo, del pensare soltanto a noi stessi? “Il virus ci manda un messaggio chiaro: l’unico modo per uscirne è la reciprocità, il senso di appartenenza, la comunità, il sentire di essere parte di qualcosa di più grande di cui prendersi cura e che si può prendere cura di noi”. Dobbiamo essere titolari di una “responsabilità condivisa” ed essere consapevoli di una reciprocità necessaria: da noi dipende la salute degli altri e viceversa.
Questa è in fondo una delle lezioni del virus che dobbiamo imparare, certamente a caro prezzo, ma dalla quale non dobbiamo e non possiamo sfuggire. Perché fino ad oggi, noi onnipotenti, abbiamo pensato che tutto, fiori compresi, potesse nascere dai diamanti; in realtà il virus è lo sgradevole letame dal quale possono nascere nuovi fiori per nuove, belle stagioni; come dire nuove consapevolezze e nuovi, positivi atteggiamenti, soprattutto nel versante della solidarietà, dell’altruismo, dell’accoglienza.

Fabrizio Rosi