Anche se muore. Vivrà

Domenica 29 marzo, V di Quaresima
(Ez 37,12-14;   Rm 8,8-11;   Gv 11,1-45)

13vangeloQuando arriva è come un bambino piccolo. E viziato. Attira tutte le attenzioni. E se ti dimentichi di lei, lei piange. Lei ti fa piangere. Tutto attira su di sé. Se non suonasse blasfemo potremmo dire che è come l’amore. Prende tutto. C’è solo lei: sua maestà la malattia.
Gesù raccoglie la sfida: Questa malattia non porterà alla morte.
E’ il duello per eccellenza. Tra la vita e la morte.
Quando seppe che era malato rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Prima mossa a sorpresa. A dettare i tempi, per la prima volta, non è la malattia. Il suo potere è sfidato. Non corre Gesù. è lui a decidere quando. Lui è il Signore del tempo.
E poi cammina nel cuore della morte Gesù. Rischiando. Hanno appena tentato di lapidarlo. I discepoli hanno paura, vogliono fermarlo: la paura sempre vuole fermarci. Ma Gesù è la nostra speranza, sceglie di non far vincere nemmeno la paura. Malattia, morte e paura si muovono quasi sempre insieme. Si fanno forza. Gesù le sfida, una a una.
Arrivato nei pressi del sepolcro Marta lo incalza: se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto!
Gesù raccoglie quella frase che è un po’ vera e un po’ folle, che è segnata dal dolore e dall’amore: ogni frase, anche la più blasfema, se è rigata dalle lacrime va accolta con tenerezza e rispetto. Gesù accoglie e risponde. Con parole: non dove sono io è il problema ma dove sei tu! E dove sarai.
Vivi e credi in me e non morirai in eterno. La risposta di Gesù è splendida. Se credi, dice, io sono con te. E se io sono con te ogni tuo gesto è già eterno. Chi crede in me, anche se muore, vivrà. Adesso.
Maria, l’altra sorella, rilancia la domanda: se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto. Stavolta la risposta di Gesù è fatta di lacrime, lacrime con le lacrime. Dolore con dolore. Come a dire che alla stessa domanda occorre rispondere in due modi: raccontando speranza e condividendo dolore: mai le due cose separate. Gesù scoppiò in pianto. Liberatelo e lasciatelo andare. Le Sue Parole, alla fine, sono parole di libertà. Nessun potere può vincere l’Amore. Nemmeno la malattia, nemmeno la morte.
E Lazzaro, primo liberato, è lasciato andare.
Aiutaci Signore a “lasciare andare” la vita, a non trattenerla, ad amare, ad amare liberamente sempre, fino alla fine, oltre la fine. don Alessandro Deho’