
Destano preoccupazione i dati presentati dal Rapporto Oxfam sulla distribuzione della ricchezza
A Davos, in Svizzera, si celebra la 49.ma edizione del Word Economic Forum, prevista la partecipazione di oltre 3.000 “grandi” della terra. I temi principali: globalizzazione 4.0 che funzioni e sia inclusiva e sostenibile; una governance internazionale efficace; il rilancio dell’agenda climatica. Nella presentazione dell’evento si legge: “Stiamo entrando in una quarta rivoluzione industriale plasmata da tecnologie avanzate dove il mondo digitale e quello fisico-biologico si combinano per creare innovazioni a velocità e scala senza pari nella storia umana… sono cambiamenti che riguardano tutti, coinvolgono il mondo in generale”.
Di fronte a queste prospettive c’è da chiedersi se questi “grandi” sanno dove vivono. Alla vigilia dell’incontro è stato pubblicato il Rapporto Oxfam “Time to care – Aver cura di noi” sulle disuguaglianze sociali ed economiche del mondo. La fotografia è devastante.

La ricchezza globale, in crescita dal giugno 2018 al giugno 2019, è fortemente concentrata in mano a pochissime persone: l’1% più ricco detiene più del doppio della ricchezza posseduta da 7 miliardi di persone; 2.153 miliardari detengono più ricchezza di 4,6 miliardi di persone, circa il 60% della popolazione globale. Quasi la metà della popolazione mondiale vive con meno di 5,5 dollari al giorno (ma c’è anche una grossa fetta di gente che vive con meno di due dollari), ma restano forti le disparità nella distribuzione dei redditi anche tra chi svolge un lavoro.
Tra le principali cause della disuguaglianza nel mondo viene evidenziata l’iniqua distribuzione delle tasse: c’è stata una graduale diminuzione del carico fiscale sulla ricchezza e sui redditi d’impresa – dal 34% al 24% dal 2000 al 2016 per 90 grandi multinazionali – per scaricarlo sui redditi da lavoro e sui consumi. Basterebbe che l’1% più ricco pagasse anche soltanto lo 0,5% in più di imposte sul proprio patrimonio per mandare a scuola tutti i 262 milioni di bambini che oggi non vi possono accedere e per fornire l’assistenza sanitaria necessaria per salvare la vita di 3,3 milioni di persone.

Il Rapporto punta l’attenzione soprattutto sul lavoro domestico e su quello di cura non retribuito che grava soprattutto sulle donne. Nel mondo il 42% delle donne non può lavorare perché deve farsi carico della cura dei familiari anziani, bambini, disabili: 12,5 miliardi di ore in lavoro non retribuito con un contributo immenso all’economia globale.
Per quanto riguarda l’Italia le cose non sono molto diverse. Il patrimonio dei primi tre miliardari italiani, nel 2019, era superiore alla ricchezza netta detenuta dal 10% (circa 6 milioni di persone) della popolazione più povera. Era calcolata in 37,8 miliardi di euro. Più della finanziaria del 2020, tanto per intenderci, e la forbice tra ricchezza e povertà si allarga. Già S. Paolo VI aveva lanciato l’allarme nella Populorum Progressio.

Allora il problema era ristretto ai popoli in via di sviluppo, oggi tocca anche i Paesi evoluti come l’Italia. Nei 20 anni del terzo millennio la quota detenuta dal 10% della popolazione più ricca è cresciuta del 7,6% mentre la quota detenuta dal 50% degli italiani si è ridotta del 36,6%.
Inoltre, i poveri restano poveri ed i ricchi navigano tranquillamente tramandando la posizione sociale ed economica ai figli. Senza parlare degli stipendi, con oltre il 30% dei giovani che guadagna meno di 800 euro al mese: il 13% degli under 29 si trova in condizioni di povertà lavorativa.
Per i grandi di Davos la globalizzazione 4.0 offrirà anche una prospettiva allettante. Se le cose stanno come descritte, c’è da chiedersi di che cosa hanno parlato in tutti questi anni. Come si può pensare che le “tecnologie avanzate e il mondo digitale” possano contribuire a far crescere il Pianeta in “una nuova fase di cooperazione globale” quando anche in gran parte dell’Italia manca la banda larga. Come si può pensare che i Paesi africani, per dire, possano cogliere l’occasione per crescere? È pura utopia. Forse gli “uomini” di Davos dovrebbero guardare al mondo con occhi diversi.
Giovanni Barbieri