Domenica 7 aprile, V di Quaresima
(Is 43,16-21; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11)
Gesù, all’alba, siede nel tempio e la gente si avvicina per ascoltarlo… La collocazione del brano di Vangelo che la liturgia della parola ci propone nella quinta domenica di quaresima è incerta, quasi un giallo. Nei testi antichi, quelli dei primi due secoli, questo passo non appare. Recuperato, viene poi inserito nel Vangelo di Giovanni, ove lo leggiamo oggi. Gli esegeti ed i filologi ci dicono però che lo stile e la struttura appartengono a Luca e la sua ubicazione naturale sembra essere alla fine del capitolo 21.
Questa eliminazione e successivo reinserimento avvengono perché il tema è scottante.
Sappiamo che scribi e farisei erano contrariati dal fatto che Gesù frequentasse pubblicani e peccatori. Per questo portano davanti a lui un’adultera e – sottolineato come Mosè, per quel peccato, avesse previsto la morte per lapidazione – chiedono il suo parere.
La condanna era così severa per sottolineare la gravità del peccato. La pena capitale era eseguita in modo che nessuno, venendo in contatto con la condannata, fosse contaminato, tuttavia non veniva quasi mai eseguita. L’uccisione a sassate era prevista per le adultere sposate ma che non erano ancora entrate nella casa dello sposo. Per le altre adultere era previsto lo strangolamento.
La nostra era dunque una ragazzina di quindici anni. Gesù non esprime pareri. Col dito fa dei segni sulla pietra. Ma il gruppo degli accusatori, sentendosi forte e deresponsabilizzato in quanto gruppo, lo incalza. Proprio per rompere il gruppo e riportare la responsabilità a livello individuale Gesù dice: “chi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei”. E torna a scrivere col dito sulle pietre di pavimentazione del tempio. A partire dagli anziani, tutti se ne vanno senza condannare l’adultera. Anche Gesù non la condanna e la invita a non peccare più.
Molti aspetti che riguardano la sessualità mettono in imbarazzo. Sembra giusto che gli adulteri debbano pagare per il loro peccato. È qui che serve un nuovo modo di vedere le situazioni. Il peccatore si è già punito da solo, ha travisato i veri valori della vita ed ha perso, nel profondo, stima in se stesso e presso gli altri. Per vivere pienamente ha bisogno di un cuore nuovo capace di rispetto e di sentimenti elevati. Ce lo sottolinea anche Gesù scrivendo con il dito sulla pietra del pavimento del tempio.
Il dito di Dio aveva scritto, sulla pietra portata sul monte da Mosè, i comandamenti tra cui quello di non commettere adulterio. L’elevazione dell’uomo non permetteva di andare oltre. Ma qualche secolo dopo il profeta Ezechiele così trascriveva la parola di Dio: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.”
Il cuore di carne lo ha portato Gesù che non è venuto per giudicare ma per far comprendere al peccatore che il peccato, oltre a danneggiare spesso gli altri, fa soprattutto sempre male a chi lo commette. Uno dei modi per passare dal cuore di pietra a quello di carne è cercare di elevarsi. Una mongolfiera è capace di rimanere in alto e dall’alto la prospettiva cambia completamente e le cose appaiono più belle. Per rimanere in alto ha bisogno di una fonte di calore. Elevarci e rimanere in alto dipende da quanto “calore” sviluppa il nostro cuore.
Pier Angelo Sordi