Il Rapporto annuale 2018 del Centro Astalli sui richiedenti asilo
Il Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati con sede a Roma, ha presentato la scorsa settimana il Rapporto annuale 2018 sulle condizioni dei richiedenti asilo e rifugiati che si rivolgono ai loro centri.
Risulta in calo il numero di persone che arriva in Italia in cerca di protezione – 119.369 rispetto ai 181.436 dell’anno precedente – anche per effetto delle misure governative introdotte nel 2017, tramite l’accordo con la Libia, per ridurre il flusso degli arrivi, gli sbarchi e le morti nel Mediterraneo. Ma secondo il Centro Astalli la mortalità delle rotte è rimasta invariata: 2 migranti su 100 non ce l’hanno fatta e aumentano le vittime di violenze fisiche e psicologiche causate dalla prolungata permanenza nei centri libici.
In più, “nonostante il calo degli arrivi, l’obiettivo di un sistema di accoglienza unico e con standard uniformi è ancora lontano”. “Il calo del numero di persone che arriva in cerca di protezione – afferma il Rapporto – non è necessariamente una buona notizia”: un dato confermato dall’aumento delle persone traumatizzate che arrivano al Centro SaMiFo, che assiste vittime di violenza internazionale e tortura.
“Il numero è cresciuto nel 2017” proprio a causa delle misure introdotte nel 2017, che riportano i migranti al porto di partenza. Queste implicano “che i migranti siano trattenuti in Libia più a lungo e possano essere soggetti a detenzione in condizioni critiche”. Un quarto delle persone che nel 2017 si sono rivolte allo sportello di ascolto socio-legale ha vissuto “significative esperienze di tortura e violenza intenzionale”.
Nei centri di accoglienza gestiti dal Centro Astalli le persone vulnerabili sono il 40% degli ospiti. Sono soprattutto donne, ma anche giovani uomini e bambini. I Centri di accoglienza straordinaria (Cas) restano oggi la soluzione prevalente – evidenzia il Rapporto -, mentre le strutture del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), in crescita, a luglio 2017 coprivano poco meno del 15% dei circa 205.000 posti disponibili.
Nonostante il tentativo di convincere i comuni ad aderire a questa rete, di fatto il passaggio tra la prima e la seconda accoglienza avviene “con forte ritardo e per un numero limitato di persone”. Molti di coloro che abbandonano i centri o che hanno ricevuto una revoca delle misure d’accoglienza finiscono in strada o in soluzioni abitative precarie e “restano tagliati fuori da ogni forma di accompagnamento e di supporto, materiale e legale; in più, spesso accade che la procedura d’asilo risulti sospesa e compromessa”.
A Roma l’inclusione dei richiedenti asilo e rifugiati è diventata ancora “più difficoltosa” a causa di una delibera comunale che impedisce ad enti come il Centro Astalli di rilasciare il proprio indirizzo come residenza anagrafica.