Quei commoventi canti delle trincee nella Grande Guerra

La Prima Guerra Mondiale ha visto una vasta produzione e la “Canzone del Piave” entusiasmò perfino Diaz

03Prima_Guerra_Mondiale_trinceaSulla Grande Guerra mondiale è stato detto e scritto tantissimo. Fiumi di parole che possono essere riassunti in un unico concetto: si trattò del più grande conflitto in assoluto della storia ; una immane carneficina che sconvolse il mondo cambiandone, per sempre, il destino. Tali e tante sono state le novità, le implicazioni, le conseguenze di quel conflitto terminato nell’Autunno del 1918. L’Italia entrò ufficialmente in guerra nel 1915, esattamente il 24 Maggio.
Un Paese povero e impreparato che, ben presto , si ritrovò in trincea per difendere il proprio territorio. Una moltitudine di giovani partirono per una guerra, forse inevitabile, che, nell’eccitazione collettiva , fu persino creduta giusta. In nome dell’Italia, dei confini da conquistare, molti coscritti abbracciarono questo ideale perdendo la vita.
Dopo la devastazione  di Caporetto – ottobre 1917 -l’esercito italiano riprese coraggio e un anno dopo raggiunse la vittoria. Anche i canti  servirono ad innalzare il morale dei combattenti.
La Canzone del Piave, scritta da Gioviano Gaeta, musicista napoletano, con lo pseudonimo “E. M. Mario”, poeta e autore di canzoni dialettali, suscitò entusiasmo persino nel Capo di Stato Maggiore, Armando Diaz che, scrivendo all’autore, disse “La leggenda del Piave, al fronte, era più di un generale …”.
Su un ritmo militaresco e incitante, nella terza strofa, essa racconta come la piena del fiume fermasse l’avanzata dell’esercito austriaco. Mentre, nella quarta, evoca gli irredentisti Oberdan, Sauro, Battisti, giustiziati dagli Austriaci, come fossero numi tutelari della riscossa.
La Grande Guerra ha visto la produzione di molti canti. Uno straordinariamente suggestivo e struggente è “ Tapum” che ricorda il fischio ossessionante e il sordo tonfo dei proiettili. Attribuita a Nino Piccinelli, sorse dal fango delle trincee, dalla vita grama, dall’enorme spirito di sacrificio “Senza il cambio per dismontar…”, col cimitero dei commilitoni caduti nel fiore degli anni. Eppoi come scordare il brano relativo alla tradotta. Il nero convoglio sbuffante che trasportava i giovanissimi soldati “da Torino al Piave, cimitero della gioventù”.
Toccante l’invocazione di un soldato che,con negli occhi la morte, si affida, in mancanza della mamma, alla pietà di una suora per avere, almeno, un fiore. Lassù dove gli eserciti si fronteggiavano, dove aleggiava quotidianamente la morte, dove i razzi erano strani fiori verdi dal profumo amaro, i canti davano voce alle emozioni, ai ricordi che scaldavano il cuore, al forte desiderio di tornare a casa dagli affetti veri, alla speranza della vittoria. Solitudine, paura, rassegnazione, dolore, entusiasmo… una miscellanea di profondi, tristi vissuti, di coraggiose testimonianze tramandate nel solco  di quei canti  che, come gli eroi, appartengono alla memoria collettiva e alla storia.

Ivana Fornesi