Un luogo tra le colline, dove il silenzio era un pesante sinonimo di “non sapere”; un luogo abitato da pochi contadini quasi dimenticati nel loro isolamento, fino a quando a Barbiana non è arrivato don Lorenzo Milani: in pochi anni quel silenzio si è fatto voce e in quella scuola i figli dei poveri e dei contadini hanno acquisito la consapevolezza che il sapere e la parola rendono uguali. Quel “miracolo” è raccontato dalla mostra fotografica “Barbiana, il silenzio diventa voce” realizzata dalla Fondazione “don Lorenzo Milani” e visibile nel palazzo comunale di Pontremoli fino al 12 aprile (dal lunedì al sabato, ore 9 – 13) su iniziativa dell’Istituto Storico della Resistenza Apuana e dell’Età Contemporanea.
Allestimento che vuole essere un’ulteriore occasione di conoscenza e approfondimento su quell’esperienza del priore di Barbiana che ha segnato il tempo, le generazioni e la Scuola stessa. Occasione che si offre in particolare proprio al mondo della scuola, proponendosi anche quale conclusione di una serie di iniziative che l’ISRA ha avviato nell’autunno scorso con gli studenti delle scuole superiori cittadine (“Belmesseri” e “Malaspina”), prima con lezioni, ricerche e approfondimenti in classe, poi con la visita a Barbiana e il convegno “Don Milani e la Costituzione”, senza dimenticare la proiezione al “Manzoni” del documentario “Barbiana 65”.
A Barbiana il silenzio si fa voce!La mostra, allestita nella Sala dei Sindaci e nei locali adiacenti, non propone un vero e proprio percorso predefinito, ma in una trentina di pannelli offre spunti di conoscenza e riflessione, con le immagini di don Lorenzo, dei “suoi” ragazzi e della scuola di Barbiana e con alcune delle frasi più significative che il priore e gli allievi scrissero in molte delle occasioni offerte dalla quotidianità delle colline del Mugello che si aprivano al mondo. Le riflessioni e gli scritti di don Milani sul suo essere sacerdote fedele a Dio e alla Chiesa, sulla sua “missione” a Barbiana per arrivare poi a “L’obbedienza non è più una virtù” (1965) fino a “Lettera a una professeressa” (maggio 1967). Una quotidianità che ben testimonia come quel silenzio si sia davvero fatto voce facendo emergere quella cultura che ha parlato così forte e che continua a muovere, a commuovere, ad esaltare o a urtare.
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