Almanacchi, almanacchi nuovi grida il venditore di un’Operetta morale del Leopardi, con la considerazione che “quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura” e per questo facciamo auguri, nel significato del vocabolo di “accrescere” in bene quello che verrà, ma anche di ricordi abbiamo bisogno e sono il filo rosso dell’ Almanacco Pontremolese giunto, con l’edizione 2018, ai suoi 40 anni.
Della storia di questa nostra misurazione del tempo (in arabo “al manac” = il tempo) si occupano tanti collaboratori, molti già autori della prima edizione.
Scandita in decenni, la storia dell’Almanacco Pontremolese è ricostruita da Andrea Baldini, a partire da quel salotto rosso in palazzo Pretorio dove nel settembre 1978 lui, il pretore Enrico Ferri, Riccardo Boggi e Natalino Benacci lanciarono l’idea di fare un Almanacco sullo stile di quello di Pietro Ferrari del 1940. L’idea fu accolta dai soci del Centro Lunigianese di Studi Giuridici e senza interruzioni l’edizione (a lungo affidata a Gino Tarantola) è arrivata al 2018.
Ogni anno un tema descritto con corredo di immagini: ne viene la rievocazione elegiaca con qualche abbandono a patetici “a m’arcord” di un mondo di abitudini inamovibili con qualche “sfrigolio” di nuovo. Sull’onda del ricordo sono l’introduzione del sindaco, la pagina del redattore Giulio Cesare Cipolletta, di Luciano Bertocchi (il mercato della verdura delle donne di Bassone e i pochi rifiuti prodotti da una società povera), Natalino Benacci (i servizi postali di preistorica lentezza a confronto con le e mail). Giordano Giannini scrive una pagina di prosa d’arte su libri e film con vertiginosi percorsi di ricordanze. Ancora i ricordi di Germano Cavalli ragazzino che arriva a Pontremoli e prova emozioni e interessi di ricerca e di incontri che daranno frutto.
La ricca storia del Liceo Vescovile è affidata a mons. Antonio Costantino Pietrocola, che riflette anche sull’insostituibile valore della cultura classica. I versi bellissimi di “Parole a Pontremoli” del poeta Dino Ghini vengono proposti da Riccardo Boggi per ricordare le vicende del Teatro della Rosa riaperto grazie all’acquisto da parte del Comune.
Concludono un richiamo a Luigi Campolonghi e al nipote Carlo Cassola di Giusepe Benelli e un racconto di Andrea Vitali su una “scaletta” che porta ad un modo parallelo, forse dei ricordi.
È uscita la settima edizione dell’Almanacco di Mignegno
Puntuale, come avviene da sette anni, l’Almanacco di Mignegno è stato presentato la sera dell’antivigilia di Natale. A fare gli onori di casa, nei locali della canonica, Roberto Bolleri, ideatore ed animatore dell’iniziativa che ha proposto i contenuti del nuovo impegno, rimarcando come ancora una volta la collaborazione di chi ha dato il proprio contributo sia stata sollecita e precisa, riproponendo così quello spirito di paese che a Mignegno non manca e che diventa un dovere e quasi un obbligo mantenere. I contributi di Giancarlo Bertocchi, dello stesso Bolleri, di Patrizia Melli, Francesca Bruscaglia, Luciano Bertocchi, Carla Corsini, Stefano Scarpi e Alessandra Angella accompagnano il succedersi dei mesi proponendo spaccati di storia, di antiche pratiche artigianali, di personaggi che hanno caratterizzato periodi importanti ed occasioni di riflessione che, forse solo un paese riesce ad offrire ed invitano a comprendere come vivere in luoghi come Mignegno sia più un privilegio che non motivo di disagio. La serata ha visto l’intervento di Luciano Bertocchi che si è soffermato sull’analisi dello Stato delle Anime del paese del 1865 evidenziandone la complessità ed in essa l’occasione per uno spaccato di vita in un preciso momento storico al quale anche gli abitanti di oggi possono fare riferimento per ritrovare agganci precisi alla propria storia familiare e alle vicende di un periodo che tanto ha significato per la trasformazione della nostra zona. L’incontro è stato concluso da Don Lorenzo Piagneri che ha voluto rimarcare proprio lo spirito positivo che anima la piccola comunità di Mignegno che da sempre si propone come esempio di identità e di iniziative atte a valorizzare proprio il senso di appartenenza, come dimostrato dalla ormai storica presenza del presepe meccanico che ha fatto di Mignegno un punto di riferimento per il Natale lunigianese. Il brindisi finale è stato l’occasione per lo scambio di auguri e per l’appuntamento al prossimo anno per una nuova avventura alla ricerca dei valori del passato.