Un libro di Nicola Gallo sul borgo fortificato di Rometta

01RomettaCon il libro “Il borgo fortificato di Rometta in Lunigiana” e con l’esemplare restauro “d’ la tora” Nicola Gallo ha risvegliato la memoria e ricostruito la conoscenza e l’identità storiche di una comunità, inseguendo e dando un significato a tutte le tracce e le testimonianze lasciate dallo scorrere dei secoli. Non solo di resti murari o di vestigia architettoniche, però, si è servito per dare un volto storiograficamente credibile al passato, ma anche di archivi di carta, di fotografie aeree, di studio delle varie tecniche costruttive, di epigrafi, di maestà. Si può dire che nel suo cantiere sia entrato ogni tipo di fonte.
E l’opera è stata sicuramente complessa e impegnativa, anche per l’arco di tempo preso in esame, di una durata lunghissima, dall’attestazione della località Ulmeta, dall’884 – anno dell’atto di fondazione del monastero di san Caprasio – al 2002, inizio dei lavori di restauro. Sono solo alcuni degli aspetti dell’opera di Nicola Gallo messi in evidenza nella prefazione di Paolino Giannetti, che, pur essendo vissuto per i suoi primi 22 anni a Rometta, sente il dovere di ringraziare l’autore per avergli fatto “scoprire ora che la storia del suo paese è stata movimentata ed interessante” e nella presentazione di Mario Nobili. Potrebbe essere considerata un saggio breve, ricchissimo di riferimenti bibliografici, sul rapporto storia-memoria, sulla nozione dei “luoghi della memoria”, “sulla fine dei paesani – e, a partire dal secondo dopoguerra, del sistema economico-agrario iniziato nel medioevo – sulla scomparsa delle società memoriali e di quella socievolezza poeticamente espressa dai Canti di Leopardi, dai Promessi Sposi di Manzoni, dai Canti di Castelvecchio di Pascoli”.
01Rometta1Un mondo che non c’è più, ma il libro e il restauro di Gallo, facendolo rivivere, daranno coscienza storica ai ricordi e susciteranno nei giovani curiosità ed interesse per il proprio paese e per il proprio passato, a partire dall’ origine del nome, che da Ulmeta – da ulmus, olmo – si è trasformato in Rometta. È questa la prima questione che Gallo affronta, unitamente ai motivi dell’insediamento, medievale o altomedievale, delle persone sul rilievo roccioso chiamato castello, in posizione dominante sul fondovalle e sui collegamenti viari fra Garfagnana, Aulla ed il reggiano, utilizzati da soldati, pellegrini, ma anche da mercanti e transumanti. Fu proprio questa collocazione geografica, che, specialmente dopo l’incastellamento – prima metà XIII secolo -, Rometta, già sotto la giurisdizione dell’abate di San Caprasio riconosciuta da Federico II, diventa il punto strategico ideale per una rete di difesa del territorio, che porterà alla costituzione di alleanze, come quella, ad esempio, fra i vescovi di Luni e la famiglia del Bianchi d’Erberia.
A questa famiglia e al loro modo di governare i loro possedimenti è dedicato ampio e documentato spazio, come ai rapporti coi Malaspina e con Soliera, fino ad arrivare al XV secolo e al passaggio sotto Firenze. Tante dipendenze, che rendono problematica l’attribuzione della costruzione del palatium, che è una specificità che non si riscontra in altri insediamenti difensivi, basati su “cortine murarie, munite di torri e porte, e destinati ad accogliere gli uomini con le loro famiglie”.
E qui entra in scena l’architetto, il tecnico, che analizza e confronta portali e tipi di muratura, cercando di assegnarli ad un probabile tempo di costruzione, come ad una architrave di bifora, che studia il tessuto edilizio dei due blocchi urbani interni al borgo. Ancor più dettagliato, se possibile, lo studio del palatium, noto come la Torre rettangolare, di 7×10 metri, alta 13, con muratura spessa 1 metro con piani di 40 metri quadrati. Tutto questo per dare solo un’idea della certosina ricostruzione del luogo, profondamento degradato e andato soggetto, nel corso dei secoli, per motivi diversi, compresi gli eventi sismici – in particolare quello del 1920 – a rifacimenti, modifiche, ampliamenti, utilizzi diversi, anche sala di proiezione cinematografica. I lavori di restauro, basati su una monumentale documentazione, sono stati avviati nel 2002 e hanno rimesso in luce e conservato le peculiarità medievali – alcune ravvivate con tinteggiature e decorazioni pittoriche – ma anche successive, come il frantoio, senza trascurare la sicurezza sismica e la possibilità di poter abitare con buone comodità nell’edificio.
Si può senz’altro affermare che Nicola Gallo ha creato un modello da seguire per interventi di restauro, che ridiano vita e vivibilità a vecchi edifici, anche decrepiti, ma che ha anche ridato l’entusiasmo dell’ appartenenza a chi abita nei piccoli borghi e a chi, magari, sta “altrove”, ma col ricordo si ritrova spesso nei luoghi in cui è vissuto nell’infanzia e nella gioventù.

Andreino Fabiani