Prostituzione, la “tortura” più antica del mondo

Una riflessione per la giornata europea contro la tratta

40violenza_prostituzioneParliamo di prostituzione, il fenomeno che molti indicano come il mestiere più antico del mondo. Non è d’accordo con questa definizione Vincenzo De Rosa, che fa parte dell’unità di strada dell’Associazione Papa Giovanni XXIII e che ogni settimana incontra le ragazze che si prostituiscono nelle zone fra Marinella di Sarzana e Marina di Massa, ragazze che definisce “crocifisse sul marciapiede”.
Ne parliamo poiché la “Papa Giovanni” sta promuovendo dibattiti sul tema della prostituzione sia con le istituzioni che con i giovani e ha lanciato la campagna nazionale “Questo è il mio corpo” per fare in modo che venga approvata la proposta di legge Bini che mira a punire i clienti di queste che, talvolta, sono minorenni, addirittura undicenni, bimbe vendute dalle famiglie per disperazione.
Vincenzo racconta che ne ha viste di così piccole quando hanno affiancato altri gruppi di volontari nelle zone di Pisa e Firenze. Dice anche che si è abbassata l’età media dei clienti, talvolta diciottenni neopatentati che acquisiscono presto l’idea distorta che il corpo della donna si compra. Senza contare il pericolo delle malattie sessualmente trasmesse, che in Italia stanno aumentando in modo notevole.
Le ragazze in strada sono per metà nigeriane, specie dell’est di quella terra, dove anche Boko Haram sfrutta povertà e ignoranza. Poi ci sono le donne che provengono dall’Est Europa, dove la miseria materiale e culturale è ancora presente, ma soprattutto dove molte ragazze sono abituate alla violenza e, quando le si incontra, lasciano con difficoltà la strada proprio per questo motivo, perché non hanno mai vissuto esperienze di vita diverse, serene, positive e non possono quindi sperare in un futuro migliore.
Sono 7000 le donne che la “Papa Giovanni” ha tolto dalla strada in 25 anni, dando accoglienza, insegnando la lingua italiana, aiutandole a trovare un lavoro dignitoso o a ritornare in patria (ricordo un progetto per aiutare una ragazza ad aprire un negozio in Nigeria).
Alcuni anni fa, ho avuto modo anch’io di andare sulla strada come volontario di questa associazione, assieme al coordinatore Roberto Gerali, e continuo a scrivere di queste problematiche ma, dico a Vincenzo un po’ amareggiato, negli anni non vedo una diminuzione dei casi di prostituzione. Lui mi conferma che sta aumentando la domanda ed anche il numero di donne che vengono in Italia, ingannate da chi promette un lavoro buono.
Le istituzioni hanno recepito questo problema: il sindaco di Firenze, recentemente, ha firmato un’ordinanza per punire i clienti e sembra averli un po’ scoraggiati, ma si potrebbe fare ancora di più. La “Papa Giovanni” ne ha parlato di recente a Pisa, all’Università ed anche a Massa nel Palazzo Ducale, in un incontro con rappresentanti di varie istituzioni e molti alunni delle scuole superiori.
“I giovani – mi dice ancora Vincenzo – restano sconvolti nel guardare i filmati che gli mostriamo, non credono ci sia questa terribile sofferenza dietro chi si offre in strada: le ragazze mostrano sulla pelle segni evidenti di bruciature di sigarette o di coltellate”.
“Allora – gli chiedo – meglio aprire case del piacere?” Lui mi risponde che in Germania, pur legalizzando la prostituzione, non è diminuito lo sfruttamento, anzi, si è moltiplicato. I dati della nostra zona parlano di circa 40 donne che in media si prostituiscono vicino al mare (in estate sono molte di più) e Vincenzo mi racconta che ora si trovano anche italiane, evidentemente disperate per la mancanza di soldi.
Chi se la sente può andare sul sito www.questoeilmiocorpo.org e sottoscrivere la petizione relativa al progetto di legge suddetto, perché finisca la mercificazione della donna, che è poi una delle tante forme di violenza di cui si parla molto.

Stefano Bonvini