
A vent’anni dalla nascita del Miele della Lunigiana DOP il punto sulla tutela dei prodotti enogastronomici del nostro territorio. In gioco non solo l’attrattività turistica esercitata dall’enogastronomia, ma anche l’impatto economico e occupazionale della filiera di produzione

Compie 20 anni il Miele della Lunigiana DOP, celebrati con uno spot presentato giovedì 14 novembre e diffuso inizialmente tramite i canali web e YouTube del Consorzio di Tutela Miele della Lunigiana: “un cambio di passo – spiega il presidente del Consorzio Fabio Venè – per rendere la Lunigiana ambasciatrice del Miele DOP, i consumatori consapevoli dell’eccellenza che abbiamo”. Un’iniziativa, quella promossa dal Consorzio, che fa da potenziale apripista alle tante realtà enogastronomiche della Lunigiana che nel corso degli ultimi anni hanno iniziato ad essere promosse parallelamente all’offerta turistica – della quale i prodotti tipici sono un perno fondamentale – del nostro territorio. Ma in gioco c’è non solo l’attrattività turistica che l’enogastronomia esercita, ma anche la filiera di produzione e il suo impatto economico ed occupazionale. La certificazione del valore delle eccellenze culinarie è un passaggio imprescindibile per tutelare la qualità e la specificità dei prodotti. Sono diverse le sigle che con gradi di tutela diversa comprovano la qualità di un prodotto.
Le DOP della Lunigiana

La Denominazione d’Origine Protetta (DOP) è la più importante: identifica un prodotto la cui produzione, trasformazione ed elaborazione devono aver luogo in un’area geografica determinata, dove assume caratteri peculiari dovuti a condizioni ambientali e/o a una perizia riconosciuta e constatata.
A garantire dall’uso non autorizzato della denominazione tutelata è l’Unione Europea, che approva il disciplinare di produzione di ogni singolo prodotto. Sul nostro territorio vantano il DOP, oltre al Miele della Lunigiana, anche la Farina di castagne della Lunigiana, che ha ottenuto il riconoscimento nel 2011.
Il marchio IGP
L’Unione Europea è garante anche del marchio IGP, l’Indicazione Geografica Protetta che identifica un prodotto che gode di una fama riconosciuta e il cui legame con il territorio è presente in almeno uno degli stadi della produzione, della trasformazione o dell’elaborazione del prodotto stesso.
I prodotti IGP della nostra area sono dal 1996 il Fungo di Borgotaro (anche Pontremoli e Zeri rientrano nelle aree di produzione) e, dal 2004, il Lardo di Colonnata. I comuni lunigianesi, assieme a quelli del resto della Toscana, rientrano anche nel disciplinare IGP dell’Olio extravergine di oliva Toscano e dell’Agnello del Centro Italia IGP 2013.
I Prodotti Agroalimentari Tradizionali

Sono invece identificati a livello regionale i PAT, Prodotti Agroalimentari Tradizionali, quei prodotti le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura sono consolidate e protratte nel tempo, secondo le regole tradizionali e per un periodo non inferiore a 25 anni. Si tratta di prodotti radicati al territorio di produzione dal quale ereditano caratteristiche particolari che li rendono riconoscibili da ogni altro prodotto simile.
Pur non esistendo disciplinari a cui uniformarsi i PAT sono comunque importanti come monitoraggio dei territori e guida per ricercatori. Regione Toscana annovera nei suoi elenchi 72 PAT in provincia di Massa. Tra questi la China Clementi di Fivizzano, l’agnello di Zeri, la spalla cotta di Filattiera, il fagiolo di Bigliolo, le cipolle di Terceretoli, Bassone e Treschietto, la marocca di Casola, il pane di Vinca e i panigacci di Podenzana, solo per citare i prodotti più conosciuti della Lunigiana.
(Davide Tondani)
A livello locale: la difesa delle tipicità delle De.Co. e dei presìdi Slow Food

Da alcuni anni sta prendendo piede anche una tutela locale dei prodotti tipici. Si tratta della De.Co., che sta per “Denominazione comunale”. Ideata dallo storico critico gastronomico Luigi Veronelli, che ha creduto moltissimo nell’impegno dei sindaci per la salvaguardia delle produzioni strettamente legate al territorio. A differenza delle denominazioni protette a livello europeo, le De.Co. non offrono alcuna tutela legale e non sono un marchio di qualità, ma un’attestazione di tipicità ideata per valorizzare un prodotto tipico, una ricetta tradizionale, un’attività agroalimentare o un prodotto artigianale, in una logica di marketing territoriale Particolarmente attiva nell’istituzione di denominazioni comunali è stata in questi anni Aulla, che ha deliberato l’entrata nel registro ufficiale della De.Co. della focaccetta aullese e del fagiolo di Bigliolo, due prodotti identitari della città delle Media Lunigiana. Recentemente nel registro aullese è entrato anche il pane cotto a legno, in buona compagnia della De.Co. assegnata da Pontremoli alla Karsḗnta e di quella di Podenzana attribuita al Panigaccio. Ma non sono solo gli enti pubblici a operare per la tutela dei prodotti del territorio.
I presidi Slow Foood

Anche enti e associazioni di natura privata giocano, attraverso la loro reputazione, un ruolo non secondario nella valorizzazione dei prodotti. È il caso di Slow Food, presenza molto vivace sul territorio con la condotta Luniapua. La celebre associazione di Carlo Petrini, attraverso i presìdi lavora per salvare dall’estinzione razze autoctone, varietà di ortaggi e di frutta, pani, formaggi, salumi, dolci tradizionali e per tramandare tecniche di produzione e mestieri. I presìdi Slow Food in Lunigiana sono tre: quello del testarolo artigianale lunigianese, portato avanti da due imprese dell’Alta Lunigiana, quello della Marocca di Casola, con un solo produttore, e quello dell’Agnello di Zeri, con 9 allevamenti tra Pontremoli e Zeri.
(d.t.)