Il Cantico delle Creature  nel contesto che lo ispirò

Verso gli 800 anni della composizione da parte di frate Francesco

Il Cantico di frate Sole fu certamente composto e dettato da san Francesco d’Assisi nel marzo-aprile del 1225, ovvero poco prima della sua morte. Il testo di quello che è un capolavoro della spiritualità cristiana e un’opera fondamentale per la storia della lingua italiana è riportato integralmente in un manoscritto custodito presso il Sacro Convento di Assisi, databile al 1250, in altri quattro testimoni, e viene ripreso anche nelle fonti biografiche francescane.
Formalmente, e riguardo alle sue fonti, oltre che una lauda, il Cantico è stato definito un «salmo volgare», un insieme personale creato da Francesco a partire dal Salmo 148 e dal “Cantico dei tre fanciulli” nella fornace del libro di Daniele, oltre che da altri testi biblici. È su questo aspetto, l’ispirazione biblica che si trova nel Cantico, che ci soffermiamo brevemente.
Nel testo della Vita Prima di Tommaso da Celano, il biografo “ufficiale” di Francesco, l’origine del Cantico di frate Sole viene fatta risalire alla «gioia che Francesco provava contemplando la creazione. Tommaso comunica in modo impressionante l’amore di Francesco per le creature, sino alle più piccole; mette in evidenza l’idea della loro fraternità universale; dipinge in modo indelebile lo stato d’animo del Poverello».
Francesco, secondo Tommaso da Celano, aveva un «ineffabile amore per le creature di Dio» e con «dolcezza contemplava in esse la sapienza, la potenza e la bontà del Creatore». In una specie di parafrasi del Cantico, il Celano spiega che l’animo del santo, «quando mirava il sole, la luna, le stelle del firmamento, si inondava di gaudio».
Da questo punto di vista il Cantico di san Francesco si caratterizza dall’essere essenzialmente una lode in forma di poesia, simile al Salmo 148, al quale Francesco potrebbe essersi ispirato.
Il Salmo 148 è stato infatti ritenuto comunemente «il Te Deum dell’Antico Testamento (o anche un Cantico delle creature ante litteram)», mediante il quale la lode sale a Dio da tutti gli esseri del cielo (visibili e invisibili) e della terra, in una sorta di risposta poetica all’azione con cui Dio ha creato tutte le creature dell’universo.
Ma il Cantico ha anche un’altra ispirazione… Vi è infatti un altro sfondo – oltre a quello della contemplazione della creazione – che sta dietro il capolavoro di Francesco d’Assisi, quello della prova e della malattia.
Tale contesto è segnalato da una rubrica in latino che precede il Cantico nel già citato Codice 338, rubrica attribuibile alla mano di Frate Leone, l’amico, confessore e segretario di Francesco, e che in italiano suona così: «Iniziano le Lodi delle creature, che fece il beato Francesco a lode e onore di Dio, quando era malato a San Damiano».
In un’altra biografia di Francesco, la Compilazione di Assisi, attribuita ai suoi primi compagni, tra cui lo stesso Leone, si racconta come durante il soggiorno a San Damiano, ad Assisi, per più di cinquanta giorni, il santo, relegato nella cella, tormentato dai topi e incapace di dormire, alzandosi un mattino decise di lodare il Signore nonostante le prove: «E postosi a sedere, si concentrò a riflettere, e poi disse: “Altissimo, onnipotente, bon Segnore…”.
Francesco compose anche la melodia, che insegnò ai suoi compagni».
Il contesto doloroso della nascita del Cantico che si trova nelle memorie di Leone emerge però anche nella biografia ufficiale di Tommaso da Celano, che – dopo aver descritto l’amore di Francesco per le creature di Dio – apre una finestra verso il libro biblico di Daniele, e scrive: «Come un tempo i tre fanciulli gettati nella fornace ardente invitavano tutti gli elementi a glorificare e benedire il Creatore dell’universo, così quest’uomo, ripieno dello spirito di Dio, non si stancava mai di glorificare, lodare e benedire, in tutti gli elementi e in tutte le creature, il Creatore e governatore di tutte le cose».
Il Cantico di frate Sole, insomma, non sembrerebbe essere stato ispirato solo dal Salmo 148, ma anche dal Cantico dei tre fanciulli del libro di Daniele (Dn 3,52-90). È la storia di alcuni giovani deportati ebrei messi a morte, che però, mentre sono nella fornace ardente, elevano lo sguardo verso Dio, e lo lodano per la creazione.
È quanto accadrebbe anche al santo di Assisi: invitando alla lode mentre si trova nella sofferenza, Francesco rivela il suo animo più profondamente religioso, e ci lascia un esempio da seguire.

P. Giulio Michelini
Teologo – Ordine dei Frati Minori