Gesù proclamava il Vangelo

Domenica 21 gennaio – Terza del Tempo Ordinario
(Gio 3,1-5.10; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20

Il ministero di Gesù comincia con un lieto annunzio: la Parola che Lui proclama non è messaggio di sventura, ma di serenità, quasi di gioia. Vangelo significa “lieto annuncio”, “predicazione della buona novella”. Gesù non convince con le minacce, ma con una buona notizia, con la proclamazione della beatitudine, della pace sulla terra per gli uomini amati dal Signore.
1. Vide Simone e Andrea. Gesù per primo si presenta come pescatore di uomini: Egli pesca i primi quattro discepoli e li rende pescatori di altri che a loro volta diverranno pescatori.
Attraverso parole e avvenimenti, in modo imprevedibile la sua azione ci interpella da vicino, perché la vita è più complessa di una scacchiera e la razionalità umana non è capace di prevedere tutto: quando ogni cosa è calcolata e tutto sembra filare per il verso giusto, accadono avvenimenti che ci mettono in crisi.
Leggiamo nei Promessi Sposi che al culmine del rapimento di Lucia l’Innominato è preso da pensieri sconvolgenti, va dal cardinal Federigo, si sfoga dicendo: “Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?”. E il cardinale gli risponde: “E chi più di voi l’ha vicino? Non ve lo sentite in cuore, che v’opprime, che v’agita, che non vi lascia stare, e nello stesso tempo v’attira? Chi siete voi, pover’uomo, che vi pensiate d’aver saputo da voi immaginare e fare cose più grandi nel male, che Dio non possa farvene volere e operare nel bene?” (Pr. Sp. 23).
2. Venite dietro a me. Gesù passa e chiama. Ai primi quattro apostoli chiamati, come al profeta Giona, non viene detto cosa devono fare o dire, l’invito si limita a: “Va’”, “Venite”. La risposta che danno coloro che sono chiamati comporta fiducia e disponibilità per il seguito, qualunque esso sia.
Le avversità si superano quando capitano con tanta fiducia in Dio che sta al di sopra dei nostri calcoli, ma che non priva del suo aiuto coloro che si sono fidati di Lui.
San Giovanni scriverà nella sua Prima Lettera: “Noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi” (4,16).
3. Lasciarono il loro padre Zebedeo. Questi primi quattro apostoli sentono la Parola che li chiama e li manda. A differenza del profesta Giona, adeguano la loro vita alla parola ricevuta. Il Dio in cui crediamo non è il Dio astratto dei filosofi che se ne sta tranquillo nel suo paradiso, ma è un Dio che interviene nella storia di ciascuno.
Non ha importanza la discussione sull’esistenza di Dio, ma la relazione che si instaura con Lui. Che il Dio dei filosofi esista o non esista, poco importa finché Lui fa i fatti suoi e noi i nostri.
Nella federa della giacca di Pascal dopo la sua morte fu trovata una pergamena con scritto: “1654. Lunedì 23 novembre. Dalle dieci e mezza, circa, di sera, fino a mezzanotte e mezza circa. FUOCO. Dio d’Abramo, Dio d’Isacco, Dio di Giacobbe. Non dei filosofi e dei dotti. Certezza. Certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesù Cristo”.

† Alberto