“Laudate Deum”: riflessioni a margine
Se dovessi riassumere la Laudate Deum in poche parole, sarebbero queste: il tentativo ben riuscito del Papa di spiegare la crisi climatica con acuta sensibilità attraverso dati scientifici. E credetemi che non è affatto facile. Come attivisti e attiviste di Fridays For Future ci troviamo spesso a chiederci quale sia il modo migliore per sensibilizzare l’opinione pubblica sul cambiamento climatico a livello comunicativo: meglio far prevalere le previsioni scientifiche o puntare sulle emozioni?
La risposta è che è necessario trovare un equilibrio tra i due. Le ricerche degli studiosi ci danno delle immagini dolorosamente chiare che rischiano di farci cadere nello sconforto e nel renderci impotenti, ossia l’esatto opposto di ciò di cui noi e la lotta ambientale stessa abbiamo bisogno.
In questa enciclica, il Papa è riuscito a trovare quell’equilibrio. Partendo dal fatto che la nostra “casa comune” si stia sgretolando, la sensazione del Papa, e che condivido, è che non si stia reagendo abbastanza.
Ma perché, ci potremmo chiedere? Come Fridays For Future ci siamo resi conto che la realtà è un po’più complessa del semplice disinteresse. La verità è che il cambiamento climatico fa paura.
Prendere consapevolezza di ciò che significano concretamente quelle due parole per i territori in cui viviamo fa paura: parliamo di territori sempre più fragili e vite sempre più incerte, in cui diventa difficile disegnarsi un futuro.
La crisi climatica è una pillola amara da digerire e la sensazione è che ci si presenti come un’onda altissima e distruttiva mentre noi, sulla riva, siamo così piccoli ed impotenti da poterla solo guardare mentre ci travolge.
Se a leggere queste parole vi sentite come quelle persone sulla riva, allora potete capire perché il 16,2% della popolazione italiana neghi il cambiamento climatico: negandolo, questo non esiste, le persone che amiamo sono al sicuro e va tutto bene.
Paura e sconforto a parte, una buona notizia c’è: seppur siamo noi ad essere responsabili della radicale mutazione del clima, siamo sempre noi ad avere il potere e le capacità di modificare il futuro preoccupante che ci aspetta.
Siamo tutti nella stessa tempesta, ma con barche diverse, la Laudate Deum ci ricorda che la popolazione mondiale non ha le stesse responsabilità nell’emettere CO2: “una bassa percentuale più ricca inquina di più rispetto al 50% di quella più povera e le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri”.
Aggiungerei un altro dato estremamente significativo: cento aziende sono responsabili del 71% di emissioni di CO2 a livello globale. È importante sottolinearlo poiché il rischio è di addossare tutte le responsabilità sugli individui che finirebbero per percepire un loro impegno, come quello di vivere con maggiori accorgimenti, più come un fardello inconcludente.
Ho apprezzato questa esortazione perché in modo semplice Francesco ci ricorda quanto tutto sia connesso, traducendo in poche parole ciò che in sociologia chiameremmo approccio intersezionale.
L’unica imprecisione consiste nell’affermare che “tra pochi anni” molte popolazioni dovranno spostarsi a causa dei cambiamenti climatici: la realtà è che queste migrazioni si stanno già verificando, anche in Italia.
Le soluzioni esistono, ma “nessuno si salva da solo”: le comunità di cui facciamo parte, lottando, saranno la nostra Arca in questo diluvio universale che è la crisi climatica.
Carlotta Palagi
attivista nel gruppo di Massa
del movimento Friday for Future