Il suo volto brillò come il sole

Domenica 6 agosto – Trasfigurazione del Signore
(Dn 7,9-14; 2. Pt 1,16-19; Mt 17,1-9)

Quaranta giorni prima della Esaltazione della Santa Croce celebriamo la Trasfigurazione del Signore, festa di origine orientale estesa a tutta la Chiesa nel 1457 dal papa Callisto III per ricordare la vittoria di Belgrado contro i Turchi. Nella tradizione latina questa festa viene celebrata nella seconda domenica di Quaresima.
1. Fu trasfigurato davanti a loro. Mosè con Aronne, Nadab e Abiu per prendere il testo della Prima Alleanza era salito sul monte Sinai coperto dalla nube della gloria del Signore (Es 24).
Allo steso modo Gesù, nuovo Mosè e legislatore della nuova Alleanza, con tre discepoli sale sul monte prima di compiere l’Alleanza nel suo sangue.
Di questa Alleanza quella di Mosè era solo immagine. La voce che viene dal cielo indica che Gesù è superiore a Mosè e a Elia, e che lui solo bisogna ascoltare.
2. Farò qui tre capanne. La visione è estasiante e quindi gli apostoli vorrebbero che non finisse mai. Purtroppo quello che è mostrato non è ancora posseduto: bisogna scendere a valle, bisogna passare attraverso il cammino di sofferenza prima di arrivare alla gloria della Pasqua.
Lo spettacolo è bello, e quando “il Figlio dell’uomo sarà risorto dai morti” è compito dei discepoli farlo conoscere ai fratelli, affinché anche loro siano partecipi della stessa rivelazione, secondo le parole di Gesù: “La gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato”.
Questa missione dei discepoli è ben compendiata dal programma di vita dei frati Domenicani: “Contemplare le cose divine e trasmetterle agli altri”.
3. Non temete. Lo spavento di fronte a qualcosa di straordinario è una reazione spontanea della natura umana, è un segno della sua innata fragilità.
L’uomo che ritiene di essere onnipotente e di stare al centro dell’universo, quando si trova di fronte alla vera grandezza che è propria di Dio, è preso da un senso di smarrimento e si accorge quanto sia misera la sua situazione.
La divinità però non si manifesta per spaventare; si rivolge all’uomo per attiralo dentro alla sua gloria e renderlo capace di una missione sublime che viene dall’alto. Dio non agisce in base ai nostri meriti, ma secondo la sua giustizia che non è mai separata dalla misericordia, e i discepoli che ascoltano la parola di Gesù si rendono consapevoli di essere destinatari di questa grande misericordia che sorpassa ogni limite.
Sulla parola di Gesù i cristiani si rivolgono a Dio chiamandolo “Padre”, perché si sentono tutti fratelli e figli di Dio (Mt 23,8-9). Solo Dio può fare dell’uomo naturale un suo figlio, e lo fa per la sua grande misericordia.
Il cristiano si distingue dal non cristiano dal modo in cui vince la paura. Il vero discepolo di Gesù non cede alla tentazione di sentirsi insignificante, ma impara da Gesù a fidarsi del Padre, il quale se provvede agli uccelli del cielo tanto più provvederà ai discepoli del suo Figlio.

† Alberto