Bisogna arrivare lì

Domenica 28 marzo – Domenica delle Palme
(Is 50,4-7; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47)

Alla fine è lì che bisogna arrivare. Non è ancora il profumo della primavera, non c’è nessun nuovo sole a far brillare lacrime incredule, nessun sepolcro vuoto. La spaccatura nella terra sta ancora aspettando di poter masticare per tre giorni il cadavere di Dio. Noi dobbiamo arrivare lì. Ed è cammino in salita, montagna, ancora di faticosa manifestazione. C’è un odore aspro: sa di terra bagnata e sangue: e dobbiamo arrivare lì. Il vento spinge nuvole ad ingolfarsi minacciose sulla testa, a rendere di metallo il cielo. Le lacrime qui sono vere, e amare, e apparentemente definitive. Bisogna arrivare fino al luogo del teschio, dove la vita scema via dai corpi, dove il tempo e la violenza si fanno avvoltoi degli “scarti del mondo”. Dobbiamo arrivare lì, impossibile comprendere lo scandalo della resurrezione senza la croce (davvero impossibile amare la vita senza mettere gli occhi nella morte?).
Morte, dobbiamo arrivare lì. C’è chi se ne va dal mondo attorniato dai figli in un sonno quasi atteso e chi dalla vita viene cacciato, ospite indesiderato, come Dio, crocifisso al legno, desiderio di quella immobilità che si è sempre cercata per mani ladre e assassine. Dio inchiodato allo stesso desiderio di immobilità: paradiso al contrario dove noi ci mettiamo al posto di Dio e cacciamo la creatura, ma senza le parole della misericordia e della cura. Chiodi, martello, corde, legno… simboli di falegname prestati alla tortura. Ed è proprio un falegname quello appeso, figlio di falegname, illuso, pazzo… ancora troppo poco per essere crocifisso… figlio di Dio, questo ha detto di essere, bestemmia sufficiente. Non hanno ucciso nessuno quelle mani ma hanno illuso: e non sbagliavano in questo i nostri padri: le illusioni sono più pericolose degli assassinii. Crocifisso per aver creduto che lui fosse illusione tremenda? Bisogna arrivare lì, la Passione ha bisogno di portarci lì. E noi vorremmo essere altrove, dove la fede profuma di pane e di fiori, dove il credere non scuote ma rincuora, dove Gesù appare e accarezza. Invece è qui che dobbiamo stare. Con il popolo che stava a vedere.

don Alessandro Deho’