I consigli dell’esperto vanno nel senso di una massima prudenza e rispetto delle prescrizioni
Cosa succede con il Coronavirus Covid-19? Cosa aspettarsi? Come proteggersi? Il Sir lo chiede ad Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia e direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Università di Brescia.
Professore, il numero dei contagiati aumenta di giorno in giorno. Non ci potremo rilassare ancora per diverse settimane secondo lei?
Questo è difficile dirlo. Bisognerebbe avere una palla di vetro. Quello che sembra dimostrare tutto questo aumento di casi è che non possiamo certo dire che la fase esponenziale finirà subito. Anzi è probabile che dovremo aspettarci un’espansione molto forte specialmente nelle regioni che ancora hanno pochi casi. D’altronde, questo è quello che sta succedendo anche in Francia, Germania. Possiamo sperare che questa fase finisca con l’arrivo del bel tempo che normalmente tende a far diminuire i casi di malattia per infezioni virali respiratorie. Va anche detto però che questo è un virus completamente nuovo, non sappiamo niente di lui non avendolo mai studiato prima.
Qual è la differenza tra l’influenza stagionale e questo virus?
Sono due virus completamente diversi. L’influenza si trasmette da uomo a uomo da un infinito numero di generazioni. Abbiamo sviluppato una resistenza contro l’influenza, abbiamo dei vaccini, quindi c’è un’immunità che di volta in volta ci protegge. Un virus come il Coronavirus, che per la prima volta entra nell’uomo, è definito per sé “pandemico”, perché è capace di infettare tutte le persone del mondo, visto che nessuno di noi ha mai potuto sviluppare una resistenza di tipo immunologica.
In pratica, è un virus con maggiore intensità?
Il Coronavirus è cento volte più aggressivo del virus influenzale, produce tanti morti in più ed è anche molto più diffusibile per via aerea. Con il virus influenzale un individuo può infettare altre due persone; con il Coronavirus tre o quattro o, in caso dei cosiddetti “superdiffusori”, addirittura dieci o dodici.
Il Mezzogiorno è in grado di affrontare l’emergenza sanitaria?
Il Sud è pronto se l’emergenza sanitaria è basata su piccoli numeri. Se i casi aumentano e la popolazione che si ammala ricalca quella di oggi nei paesi del Nord, qualsiasi regione del Sud sarebbe in grandissima difficoltà.
C’è da avere paura?
C’è da avere un giusto timore, che dovrebbe rendere tutti noi partecipi di una condotta virtuosa, che significa dovere civico di difenderci dai sintomi. Seguiamo tutti il famoso decalogo dato dal Consiglio dei ministri, dall’Istituto superiore di sanità: meno socialità, meno aggregazioni, laddove possiamo cerchiamo di mantenere la distanza, laviamoci le mani.
Bene la chiusura delle scuole, degli stadi, dei tribunali?
Veramente un’ottima misura. Andava fatta perché noi in questo momento non comprendiamo bene la reale portata del fenomeno. Non sappiamo che cosa sta succedendo e che cosa succederà nei prossimi giorni. Il problema da evidenziare però è un altro.
Quale?
Il fatto che da una singola persona si sviluppa sempre un focolaio. Non è pensabile, relativamente al Covid-19, che un sintomatico infetti una persona e questa si ammali; è molto più probabile invece che il virus circoli nella popolazione, in maniera asintomatica o con poca sintomaticità, molto più di quanto noi pensiamo, coinvolgendo tante persone. Quando questo virus incontra gruppi di persone più deboli, si manifesta e genera l’epidemia, il focolaio che man mano si ingrandisce. Ecco perché ognuno di noi deve fare la sua parte. Credo che il virus sia penetrato nella popolazione molto più di quanto invece i dati di malattia ci dicono.
Come facciamo ad averne certezza?
Questo lo sapremo solo in futuro, quando inizieremo a realizzare test sierologici che ci diranno quando una persona ha contratto il virus. Si tratta di vedere gli anticorpi: il tampone, infatti, ci dà solo una fotografia dell’istante, la sierologia ci può dire se il paziente ha il virus o lo ha avuto in passato. Questa è un grande aiuto per tracciare un quadro epidemiologico completo.