Paolo VI e Romero testimoni del vangelo di Cristo

Papa Francesco alla Chiesa in cammino: “Lasciare ricchezze, ruoli e potere”

Piazza San Pietro, 14 ottobre 2018: la cerimonia di canonizzazione dei sette beati (Cristian Gennari/Siciliani)
Piazza San Pietro, 14 ottobre 2018: la cerimonia di canonizzazione dei sette beati (Cristian Gennari/Siciliani)

Non ci sono santi di serie A e di serie B, più o meno importanti, ma non può scandalizzare più di tanto che, in una giornata di festa per nuove canonizzazioni come è stata quella di domenica scorsa in piazza S. Pietro, tra sette beati elevati agli onori degli altari – papa Paolo VI, il vescovo Oscar Arnulfo Romero, Francesco Spinelli, Vincenzo Romano, Maria Caterina Kasper, Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù e Nunzio Sulprizio – i primi due concentrino su di sé la maggiore attenzione dei fedeli e del mondo della comunicazione.
Due canonizzazioni attese per motivi diversi, che giungono quasi come riconoscimento di “meriti” particolari: la sofferenza per aver guidato la Chiesa in un periodo di grandi cambiamenti e contestazioni, l’eroismo della fedeltà a Cristo fino alla morte violenta.
39canonizzazioni_PaoloVI1Davanti a 70mila persone che affollavano la piazza in una mattinata di sole, alle 10,35 circa, il Papa ha proclamato santo il Papa della sua formazione, quello più citato nei suoi documenti, salutato da un applauso collettivo dei fedeli. Il quarto pontefice del Novecento ad essere canonizzato, dopo Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Il terzo sotto il pontificato di Bergoglio, dopo la doppia canonizzazione del 2014, sempre in piazza San Pietro.
39canonizzazioni_Romero2È bello, ha esclamato Francesco, che insieme a lui e agli altri santi e sante odierni ci sia mons. Romero, che ha lasciato le sicurezze del mondo, persino la propria incolumità, per dare la sua vita secondo il Vangelo, vicino ai poveri e alla sua gente, col cuore calamitato da Gesù e dai fratelli”.
“Gesù ci invita a ritornare alle sorgenti della gioia, che sono l’incontro con Lui, la scelta coraggiosa di rischiare per seguirlo, il gusto di lasciare qualcosa per abbracciare la sua vita”, ha detto Francesco commentando il Vangelo della domenica, “i santi hanno percorso questo cammino”. L’ha fatto Paolo VI, sull’esempio dell’apostolo del quale ha scelto di portare il nome. “Come lui ha speso la vita per il Vangelo di Cristo, facendosi suo testimone nell’annuncio e nel dialogo”, “profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri”, afferma il Papa, che definisce il suo predecessore un vero precursore della “Chiesa in uscita”.
39canonizzazioni_Romero3“Paolo VI, anche nella fatica e in mezzo alle incomprensioni, ha testimoniato in modo appassionato la bellezza e la gioia di seguire Gesù totalmente”, le parole riferite al primato della coscienza, che nella spiritualità di Montini rappresentava per ogni uomo il sacrario più intimo dell’incontro con Dio.
“Oggi ci esorta, insieme al Concilio di cui è stato il sapiente timoniere, a vivere la nostra comune vocazione: la vocazione universale alla santità”. È questa, del resto, la via indicata da Gesù a quel “tale” che gli è corso incontro per chiedergli come fare ad avere la vita eterna.
È una “proposta di vita tagliente”, quella di Gesù, che lo spiazza con due imperativi: “Vieni”, cioè “non stare fermo, perché non basta non fare nulla di male per essere di Gesù”. E “seguimi”, cioè “non andar dietro a Gesù solo quando ti va, ma cercalo ogni giorno”. “Non si può seguire veramente Gesù quando si è zavorrati dalle cose, la ricchezza è pericolosa”, soffoca il cuore e ci rende incapaci di amare. Gesù, invece, è radicale: “Dà tutto e chiede tutto”, e noi non possiamo dargli in cambio “le briciole, qualche ritaglio di tempo, una percentuale di amore”.
39canonizzazioni_Romero1“Chiediamoci da che parte stiamo”, è l’invito esigente alla “Chiesa in cammino”: “Siamo una Chiesa che soltanto predica buoni precetti o una Chiesa-sposa, che per il suo Signore si lancia nell’amore? Lo seguiamo davvero o ritorniamo sui passi del mondo? Ci basta Gesù o cerchiamo tante sicurezze del mondo?”. Infine una preghiera: “Chiediamo la grazia di sapere lasciare le ricchezze, le nostalgie di ruoli e poteri, le strutture non più adeguate all’annuncio del Vangelo, i pesi che frenano la missione, i lacci che ci legano al mondo. Senza un salto in avanti nell’amore la nostra vita e la nostra Chiesa si ammalano di autocompiacimento egocentrico”.
L’antidoto a una vita cristiana “senza slancio, dove un po’ di narcisismo copre la tristezza di rimanere incompiuti”, è la passione. La stessa passione – gioiosa, e non triste – che traspare dal testamento di Paolo VI: “Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia?”.